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par leila moutadid Il y a 3 années

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SIAMO POLVERE E OMBRA

Il testo esplora la complessità e le sfumature del verbo latino "fugio" e dei suoi derivati, come "fuga" e "fugax". Si analizza come questi termini non solo indicano l'azione fisica di fuggire o scappare, ma assumono anche significati astratti come svanire o dileguarsi.

SIAMO POLVERE E OMBRA

SIAMO POLVERE E OMBRA

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Example: Jane's and Arthur's wedding

"fuggire e sparire"

il verbo fugio
tutte le sfumature del significato del verbo si ripresentano nel sostantivo fuga, ae

che significa "fuga", "ritirata", ma assume anche il valora astratto di "movimento rapito", "corsa"

il composto di diffugio, is, fugi, ere

accentua l'aspetto della dispersione e significa fuggire qua e là

da qui il significato di "svanire", "dileguarsi"

sia in senso concreto (Diffugere nives) sia in senso astratto (diffugiunt sollicitudines)

allo stesso modo l'aggettivo fugax, acis indica propriamente colui (o ciò) che tende a fuggire

"annorum series et fuga temporum"

"la serie degli anni e la fuga del tempo" (Orazio, Odi III, 30 v.5)

al valore intransitivo il verbo può affiancare anche una resa transitiva, con il senso di "fuggire" , "evitare"

"quid sit futurum cras fuge quaerere"

"evita di domandare cosa accadrà domani" (Orazio, Odi I,9 v.13)

indica l'azione di

scappare

fuggire

ma assume il valore traslato di

svanire

sparire

applicato spesso a oggetti o entità astratte

"fugit inreparabile tempus"

"il tempo fugge irrecuperabile" (Virgilio, Georgiche III, v.284)

proviene dalla radice indoeuropea *bheugh-

presupposta dal greco phèugho

ANALISI

clicca qui affianco per vedere il significato delle parole utilizzate in questa ode :)

Versi 1 e 2 : epifrasi: aggiungere ad un enunciato parole o espressioni che correggono o specificano il significato.

Versi 3 e 4: enjambement : chiude il giro.

Versi 7 e 8 : et…diem: epifrasi.

Verso 17: torna il “carpe diem”.


1. Diffugere: indicativo perfetto 3° persona plurale con terminazione in -ere, invece che -erunt (da diffugio, diffugis, diffugi, diffugere).

3. descrescentia: participio presente con valore aggettivale (da decresco, decrescis, decrevi, decretum, decrescere).

4. praetereunt: (da praetereo, praeteris, praeterii, praeteritum, praeterire), composto di eo, is, ivi, itum, ire. 

5. Gratia: le tre Grazie, figlie del dio Zeus e della ninfa Eurinome, erano le dee della gioia e della bellezza. I loro nomi erano: Aglaia (che letteralmente significa splendente), Eufrosine (che letteralmente significa gioia e letizia) e Talia (che letteralmente significa portatrice di fiori). Esse presiedevano a diversi eventi sociali, quali banchetti e danze, diffondendo gioia e amicizia tra dei e uomini mortali. Le Grazie donavano ad artisti e poeti la capacità di creare magnifiche opere d’arte. cum Nymphis: complemento di compagnia. Nymphis: le ninfe, semidivinità della natura, erano attraenti fanciulle vergini in età da marito. Si trattava di esseri mortali che, però, vivevano una vita molto lunga. Le ninfe erano benefattrici: infatti, rendevano fertile il terreno, proteggevano i fidanzati che si recavano alle loro sorgenti per bagnarsi, ispiravano gli esseri umani ed erano guaritrici.

6. choros: parola di origine greca.

7. ne speres: imperativo negativo espresso con il congiuntivo presente (da spero, speras, speravi, speratum, sperare). almum: “almo”, cioè “che dà la vita, che nutre” (da alo) e poi “sacro”, detto in genere della terra, madre degli uomini.

9. Zephyris: ablativo di causa con valore assoluto. Lo zefiro è il vento occidentale che spira in primavera.

10. interitura: participio futuro (da intereo, interis, interii, interitum, interire, composto di eo). simul: sta per simul ac (temporale).

11. pomifer: l’aggettivo deriva da poma (“i frutti”) e da fero (“io porto”), che ha funzione di suffisso anche in italiano (vedi, ad esempio, sonnifero). effuderit: indicativo futuro anteriore (da effundo, effundis, effudi, effusum, effundere). Registro stilistico alto.

12. bruma: sincope di brevissuma (dies).

14. ubi: avverbio di tempo.

15. quo: avverbio di luogo.

15. Tullus et Ancus: Tullo Ostilio, terzo re di Roma, apparteneva alla gens Hostilia e fu il successore di Numa Pompilio. Venne eletto dai senatori in quanto romano e nipote di colui che aveva combattuto con Romolo contro i Latini. Grazie alle numerose vittorie in battaglia, conquistò diversi territori latini e fu il primo ad allargare il dominio romano oltre le mura della città. Durante il suo regno avvenne il combattimento tra Orazi e Curiazi, i rappresentanti di Roma e Alba Longa. Anco Marzio fu il quarto re di Roma, appartenente alla gens Marcia. Nonostante amasse la pace e la religione, per difendere i suoi territori, fu costretto a fare la guerra. Dopo la morte, gli succedette Tarquinio Prisco.

17. quis: pronome interrogativo. adiciant: congiuntivo presente (da adicio, adicis, adieci, adiectum, adicere). Regge un’interrogativa indiretta introdotta da an. 

18. di: il nome della 2a declinazione deus fa eccezione al nominativo plurale, poiché si presenta sotto tre forme: di, dii, dei. superi: celesti, in opposizione a inferi, cioè gli dei del sottoterra.

19. fugient: indicativo futuro semplice (da fugio, fugis, fugi, fugitum, fugere).

20. dederis: indicativo futuro anteriore (da do, das, dedi, datum, dare).

21. occideris: indicativo futuro anteriore (da occido, occidis, occidi, occisum, occidere). de te: complemento di argomento. Minos: Minosse, figlio di Zeus e di Europa, fu il saggio re di Creta. Per questo motivo, dopo la sua morte, diventò giudice degli Inferi, insieme a Eaco e Radamante.

22. fecerit: indicativo futuro anteriore 3a persona singolare (da facio, facis, feci, factum, facere).

23. Torquate: vocativo. Il destinatario dell’ode è un nobile della famiglia dei Manlii. Forse è l’avvocato omonimo che Orazio invita a pranzo in un’epistola (I 5).

24. restituet: indicativo futuro semplice (da restituo, restituis, restitui, restitutum, restituere).

25. Diana: Diana è la dea protettrice degli animali selvatici e delle donne, custode delle fonti e dei torrenti. Abile nella caccia, la giovane vergine detestava gli eventi sociali, preferendo vivere in luoghi lontani e solitari. Per amore aveva fatto un voto di castità e, per questo motivo, aiutava soltanto coloro che, come Ippolito e le ninfe, promettevano di mantenere la verginità.

26. Hippolytum: Ippolito è votato alla verginità perché legato a Diana, dea della caccia. Secondo la leggenda, egli venne calunniato dalla matrigna Fedra, davanti al padre Teseo. Quest’ultimo si era unito ad un’amazzone con la quale concepì Ippolito; successivamente, scomparsa la prima moglie, si era innamorato di Fedra che a sua volta s’era segretamente invaghita di Ippolito. Fedra disse al marito che il figliastro aveva tentato di violentarla. Così il giovane, casto e puro, immaginò che il padre credesse a lui, ma le sue aspettative vennero meno: infatti, Ippolito fu costretto a fuggire da casa e venne ucciso da mostri marini sulla spiaggia durante la fuga.

27. Lethaea: nella mitologia greca e romana, il Lete era il fiume dell’oblio e, inizialmente, indicava il nome della figlia della dea Eris. Il torrente attraversava l’attuale territorio del Matese, in Campania. valet: con l’infinito, equivale a potest.

27-28. Theseus… Pirithoo: Piritoo, re dei Lapiti, era incatenato nell’oltretomba per aver cercato invano di rapire Proserpina, moglie di Plutone. Teseo, suo fedele amico, tentò di liberarlo, ma non vi riuscì e così rimase a vivere con lui nell’Ade, finché Ercole non lo riportò sulla terra


motivi poetici
sono gli stessi di altre poesie oraziane, con la differenza che qui sono riproposti con maggiore pessimismo

è ancora presente il tema del carpe diem, al quale si allude ai vv. 7-8 e che è espresso più compiutamente ai vv. 17-20

tale invito a cogliere l’attimo sembra trascinato, in questo caso, da immagini di morte

in un percorso che ricorda il Leopardi di A se stesso, là dove il Recanatese riflette sull’infinita vanità del tutto

il percorso umano di Orazio, del resto, può ricordare quello di Leopardi

“Amaro e noia la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo t’acqueta omai. Dispera l’ultima volta. Al gener nostro il fato non donò che il morire. Omai disprezza te, la natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera e l’infinita vanità del tutto”, vv. 9-16

L’ode si apre con
un chiasmo (gramina campis/ arboribus comae, vv. 1-2)

i quali presentano la natura nel passaggio dall’inverno alla primavera

inoltre, al v. 12, l’ossimoro tra recurrit e iners (complicato dall’allitterazione del suono /r/) rafforza l’idea del continuo scorrere del tempo.

come le stagioni, anche gli esseri umani sono soggetti a lasciare i giorni migliori e tutta la gioia e i beni che avranno conseguito passeranno ai loro giovani eredi

il continuo rinnovarsi delle stagioni è motivo di riflessione negativa, poiché la nostra bella stagione non tornerà più e nessun merito ci riporterà in vita, una volta che il tempo ci ha ridotti a polvere e ombra

nel carme si susseguono le varie stagioni, ognuna delle quali è descritta con i propri frutti, i propri aspetti positivi o negativi che possono essere di gioia o di sofferenza per gli uomini.

tale concetto è evidenziato ai vv. 10-11, in cui sono presenti un enjambement ed una clausola monosillabica

il ritmo si fa più veloce, ciò che è adeguato al motivo della rapidità del ciclo stagionale

con la neve che si scioglie, le erbe verdeggianti e gli alberi sulle cui cime spuntano le gemme

la terra cambia e i fiumi, il cui livello si abbassa, lambiscono meno le rive

Quest’ultima immagine è sottolineata da un chiasmo (mutat terra/ flumina praetereunt, vv. 3-4)

un parallelismo (Diffugere nives/ redeunt gramina, v. 1)

INTRODUZIONE

temi
“memento mori”

l’uomo con la morte anche se ricco

diviene polvere senza alcuna possibilità di resurrezione

mentre la natura ogni anno si rigenera

il rinnovarsi delle stagioni appare come un “ memento mori”

questo tema della ciclicità del tempo e della caducità della vita umana è un tema lucreziano

fortemente epicureo

l'incertezza del domani

di conseguenza il domani è soggetto di assoluta incertezza

solo gli dèi sanno se ne avremo uno

perciò non ha senso negarsi dei piaceri della vita

per accumulare cose che un erede disperderà senza risparmio

I pregi per cui ci siamo distinti in vita non varranno a farci tornare indietro

cosi come gli dèi non hanno saputo liberare dalla morte uomini a loro cari né eroi né dei

e in ogni caso non sarà infinito

l'uomo vive una volta sola

non appartiene a quella ciclicità che è propria della natura

se le stagioni si susseguono

non è cosi per l'uomo

che vive una sola volta

dopo la morte ciò che lo attende è solo polvere e ombra

una malinconia quasi disperata

la danza delle Grazie non è più decritta minuziosamente

Orazio è molto più scarno a livello narrativo

il punto di vista di questa ode è mutato

non c’è nessuna gioia per l’arrivo della primavera

egli non è più quel giovane che si può deliziare della nuova stagione

ha la malinconia di un uomo avanti con l’età

contesto
il nobile Torquato

per quanto ricco di qualità

farà la fine degli altri

e non c’è da stupirsene, se neanche i grandi re di Roma o gli dèi e gli eroi della Grecia sono riusciti a vincere la morte

Orazio loda il suo illustre amico con delicatezza e malinconia

nel momento in cui mette in evidenza le sue doti, afferma che queste

né gli gioveranno la sua nobiltà (genus)

la sua abilità oratoria di avvocato (facundia)

con la quale potrebbe provare a convincere Minosse a rimandarlo sulla terra

né l’essere stato sempre devoto agli dèi (pietas)

non gli serviranno davanti a Minosse

si tratterebbe, secondo quanto dicono i commentatori antichi, del migliore avvocato dei suoi tempi

alla pari con un altro personaggio illustre, Asinio Pollione

certamente la sua stirpe era antica e nobile, e proprio sotto il consolato di un Torquato era nato Orazio nel 65 a.C.

Epodi, 13, v. 6: tu vina Torquato move consule pressa meo, «tu tira fuori i vini prodotti sotto Torquato, console del mio anno»

è molto probabile che il Torquato a cui è dedicata quest’ode sia lo stesso cui Orazio indirizza l’epistola 1,5

un gentile invito a pranzo in versi

struttura
Due esempi mitici per chiudere il cerchio

composizione ad anello

l’ode si chiude tornando al concetto principale

che bilanciano i due exempla romani del v. 15

se neanche la dea Diana o l’eroe Teseo possono salvare dalla morte le persone a loro care(Ippolito e Piritoo)

che cosa può fare un mortale, per quanto nobile come Torquato?

rafforzandolo con due exempla mitologici greci

Chi si gode le ricchezze accumulate?

come in 2,3, la riflessione sulla caducità porta al corollario sulle ricchezze

è inutile essere avari riguardo alle ricchezze che magari si godrà un erede, ben contento della nostra dipartita (vv.17-20)

nell’incertezza del futuro

per quanto ne sappiamo, oggi potrebbe essere l’ultimo giorno della nostra vita

immagini che si susseguono e si ribaltano

il quadro iniziale è di luminosa brezza

descrizione paesaggistica legata alle stagioni

questa volta non si tratta di un paesaggio invernale

ma viene descritto il risveglio della natura dopo il gelo invernale

con

lo scorrere tranquillo dei fiumi

mentre le Grazie tornano a danzare in compagnia delle Ninfe

il rinverdire di alberi e prati

da quest'immagine di lieta vitalità

si passa alla constatazione che un simile stato di grazia

non è destinato a durare

l'inarrestabile scorrere del tempo

fa precipitare senza sosta il succedersi delle stagioni

all'immobilità assoluta dell'inverno

all'autunno

all'estate

l'immagine d'apertura è cosi totalmente rovesciata

dalla primavera

proprio quell’eterno ritorno delle stagioni, che di primo acchito potrebbe essere cagione di gioia e speranza

deve farci meditare su quanto sia diversa la nostra vita, l’unica stagione che abbiamo e che non è destinata a rinascere

la scomparsa delle nevi

come era solito di Orazio

riprende queste aperture dal suo modello prediletto

Alceo

come già accaduto nell 1,9

REGINA ODI ORAZIANE

è uno dei tanti simboli dei vertici insuperabili in cui è arrivata la poesia oraziana
ode dedicata al suo amico Torquato
secondo

Eduard Fraenkel

è l’unica ode che un celeberrimo scrittore Housmann si sentì portato a tradurre.

Housmann, critico inglese

definisce quest’ode la poesia più bella della letteratura latina

alcuni hanno pensato che fosse un vecchio prodotto poetico che sarebbe servito per la scrittura dell’ode 4 del libro 1

in realtà Orazio nel libro 4 non raccoglie vecchio materiale

ma sono nuove composizioni che raccolgono gli stessi temi dei libri precedenti.

secondo altri invece rappresentava un esercizio scolastico mal riuscito

Antonio La Penna

questa è la “regina di tutte le odi oraziane”

:)

ANALISI LINGUISTICA

aspetti estetici
sono soprattutto due

l'uso raffinatissimo del linguaggio poetico

il quale con poche, ma efficaci parole, riesce ad esprimere la concezione materialistica della natura

sapendo creare, con la callida iunctura "pulvis et umbra sumus", una infinita bellezza poetica

l'intera poesia è capace di trascinarci nel mondo della bellezza e lasciarci volare nel mondo dell'anima senza la pesantezza del corpo

cosi ché il mondo delle anime è libero e leggero e gode di raffinato piacere estetico

il contenuto della poesia

secondo la quale tutto proviene dalla materia e tutto si trasforma in materia

le figure retoriche che troviamo sono:
l'inversione
l'allitterazione
la personificazione
linguaggio poetico
è molto lineare

ma ricco di espressioni poetiche callida iunctura

come la celebre "Pulvis et umbra sumus"

anche l'ordine delle parole cioè l'ordo verborum è chiaro e semplice, ma anche molto lavorato con la lima del poeta che raffina ogni espressione poetica fino a farla diventare alta poesia

la sintassi dell'ode è dominata da periodi ipotattici

il tono emotivo della poesia
l'ode esprime un tono cupo e un'aria piena di malinconia

dovuti alla consapevolezza della ineluttabilità della morte

che rende gli uomini "polvere ed ombra"

la metrica della poesia
Le strofe dell'Ode sono strofe composte secondo la metrica "Archilochea seconda"
genere dell'ode
riflessivo-filosofico

perché Orazio oscilla tra la concezione materialistica della Natura

alla Weltanschauung stoica

secondo la quale la natura è dominata dal "fato" che dà ordine e necessità agli déi che provvedono a mantenere la giustizia fra gli uomini

concezione molto vicina a quella epicurea di Lucrezio

CONFRONTO CON ODE 4 LIBRO I

entrambe
terminano con la cosiddetta meritatio mortis

cioè una riflessione serena ( meditazione)

il tono è di delicata malinconia, la fugacità del tempo è una realtà per tutti gli uomini che hanno avuto la possibilità di nascere in questa terra

invece per noi una volta che é terminata la breve stagione della giovinezza dobbiamo iniziare un cammino di non ritorno perché torneremo ad essere pulvis et umbra

sul fatto che subito dopo la stagione della primavera si susseguono le altre stagioni in un ciclo continuo

quale è il ciclo della natura

hanno una descrizione naturalistica all'inizio
iniziano con la descrizione

dell'arrivo della primavera

scritte con lo stesso metro

la strofe archilochea seconda

clicca a destra (sul simbolo) per visualizzare l'ode in latino e anche tradotta :)