par leila moutadid Il y a 3 années
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Example: Jane's and Arthur's wedding
che significa "fuga", "ritirata", ma assume anche il valora astratto di "movimento rapito", "corsa"
il composto di diffugio, is, fugi, ere
accentua l'aspetto della dispersione e significa fuggire qua e là
da qui il significato di "svanire", "dileguarsi"
sia in senso concreto (Diffugere nives) sia in senso astratto (diffugiunt sollicitudines)
allo stesso modo l'aggettivo fugax, acis indica propriamente colui (o ciò) che tende a fuggire
"annorum series et fuga temporum"
"la serie degli anni e la fuga del tempo" (Orazio, Odi III, 30 v.5)
"quid sit futurum cras fuge quaerere"
"evita di domandare cosa accadrà domani" (Orazio, Odi I,9 v.13)
scappare
fuggire
ma assume il valore traslato di
svanire
sparire
applicato spesso a oggetti o entità astratte
"fugit inreparabile tempus"
"il tempo fugge irrecuperabile" (Virgilio, Georgiche III, v.284)
presupposta dal greco phèugho
Versi 1 e 2 : epifrasi: aggiungere ad un enunciato parole o espressioni che correggono o specificano il significato.
Versi 3 e 4: enjambement : chiude il giro.
Versi 7 e 8 : et…diem: epifrasi.
Verso 17: torna il “carpe diem”.
1. Diffugere: indicativo perfetto 3° persona plurale con terminazione in -ere, invece che -erunt (da diffugio, diffugis, diffugi, diffugere).
3. descrescentia: participio presente con valore aggettivale (da decresco, decrescis, decrevi, decretum, decrescere).
4. praetereunt: (da praetereo, praeteris, praeterii, praeteritum, praeterire), composto di eo, is, ivi, itum, ire.
5. Gratia: le tre Grazie, figlie del dio Zeus e della ninfa Eurinome, erano le dee della gioia e della bellezza. I loro nomi erano: Aglaia (che letteralmente significa splendente), Eufrosine (che letteralmente significa gioia e letizia) e Talia (che letteralmente significa portatrice di fiori). Esse presiedevano a diversi eventi sociali, quali banchetti e danze, diffondendo gioia e amicizia tra dei e uomini mortali. Le Grazie donavano ad artisti e poeti la capacità di creare magnifiche opere d’arte. cum Nymphis: complemento di compagnia. Nymphis: le ninfe, semidivinità della natura, erano attraenti fanciulle vergini in età da marito. Si trattava di esseri mortali che, però, vivevano una vita molto lunga. Le ninfe erano benefattrici: infatti, rendevano fertile il terreno, proteggevano i fidanzati che si recavano alle loro sorgenti per bagnarsi, ispiravano gli esseri umani ed erano guaritrici.
6. choros: parola di origine greca.
7. ne speres: imperativo negativo espresso con il congiuntivo presente (da spero, speras, speravi, speratum, sperare). almum: “almo”, cioè “che dà la vita, che nutre” (da alo) e poi “sacro”, detto in genere della terra, madre degli uomini.
9. Zephyris: ablativo di causa con valore assoluto. Lo zefiro è il vento occidentale che spira in primavera.
10. interitura: participio futuro (da intereo, interis, interii, interitum, interire, composto di eo). simul: sta per simul ac (temporale).
11. pomifer: l’aggettivo deriva da poma (“i frutti”) e da fero (“io porto”), che ha funzione di suffisso anche in italiano (vedi, ad esempio, sonnifero). effuderit: indicativo futuro anteriore (da effundo, effundis, effudi, effusum, effundere). Registro stilistico alto.
12. bruma: sincope di brevissuma (dies).
14. ubi: avverbio di tempo.
15. quo: avverbio di luogo.
15. Tullus et Ancus: Tullo Ostilio, terzo re di Roma, apparteneva alla gens Hostilia e fu il successore di Numa Pompilio. Venne eletto dai senatori in quanto romano e nipote di colui che aveva combattuto con Romolo contro i Latini. Grazie alle numerose vittorie in battaglia, conquistò diversi territori latini e fu il primo ad allargare il dominio romano oltre le mura della città. Durante il suo regno avvenne il combattimento tra Orazi e Curiazi, i rappresentanti di Roma e Alba Longa. Anco Marzio fu il quarto re di Roma, appartenente alla gens Marcia. Nonostante amasse la pace e la religione, per difendere i suoi territori, fu costretto a fare la guerra. Dopo la morte, gli succedette Tarquinio Prisco.
17. quis: pronome interrogativo. adiciant: congiuntivo presente (da adicio, adicis, adieci, adiectum, adicere). Regge un’interrogativa indiretta introdotta da an.
18. di: il nome della 2a declinazione deus fa eccezione al nominativo plurale, poiché si presenta sotto tre forme: di, dii, dei. superi: celesti, in opposizione a inferi, cioè gli dei del sottoterra.
19. fugient: indicativo futuro semplice (da fugio, fugis, fugi, fugitum, fugere).
20. dederis: indicativo futuro anteriore (da do, das, dedi, datum, dare).
21. occideris: indicativo futuro anteriore (da occido, occidis, occidi, occisum, occidere). de te: complemento di argomento. Minos: Minosse, figlio di Zeus e di Europa, fu il saggio re di Creta. Per questo motivo, dopo la sua morte, diventò giudice degli Inferi, insieme a Eaco e Radamante.
22. fecerit: indicativo futuro anteriore 3a persona singolare (da facio, facis, feci, factum, facere).
23. Torquate: vocativo. Il destinatario dell’ode è un nobile della famiglia dei Manlii. Forse è l’avvocato omonimo che Orazio invita a pranzo in un’epistola (I 5).
24. restituet: indicativo futuro semplice (da restituo, restituis, restitui, restitutum, restituere).
25. Diana: Diana è la dea protettrice degli animali selvatici e delle donne, custode delle fonti e dei torrenti. Abile nella caccia, la giovane vergine detestava gli eventi sociali, preferendo vivere in luoghi lontani e solitari. Per amore aveva fatto un voto di castità e, per questo motivo, aiutava soltanto coloro che, come Ippolito e le ninfe, promettevano di mantenere la verginità.
26. Hippolytum: Ippolito è votato alla verginità perché legato a Diana, dea della caccia. Secondo la leggenda, egli venne calunniato dalla matrigna Fedra, davanti al padre Teseo. Quest’ultimo si era unito ad un’amazzone con la quale concepì Ippolito; successivamente, scomparsa la prima moglie, si era innamorato di Fedra che a sua volta s’era segretamente invaghita di Ippolito. Fedra disse al marito che il figliastro aveva tentato di violentarla. Così il giovane, casto e puro, immaginò che il padre credesse a lui, ma le sue aspettative vennero meno: infatti, Ippolito fu costretto a fuggire da casa e venne ucciso da mostri marini sulla spiaggia durante la fuga.
27. Lethaea: nella mitologia greca e romana, il Lete era il fiume dell’oblio e, inizialmente, indicava il nome della figlia della dea Eris. Il torrente attraversava l’attuale territorio del Matese, in Campania. valet: con l’infinito, equivale a potest.
27-28. Theseus… Pirithoo: Piritoo, re dei Lapiti, era incatenato nell’oltretomba per aver cercato invano di rapire Proserpina, moglie di Plutone. Teseo, suo fedele amico, tentò di liberarlo, ma non vi riuscì e così rimase a vivere con lui nell’Ade, finché Ercole non lo riportò sulla terra
è ancora presente il tema del carpe diem, al quale si allude ai vv. 7-8 e che è espresso più compiutamente ai vv. 17-20
tale invito a cogliere l’attimo sembra trascinato, in questo caso, da immagini di morte
in un percorso che ricorda il Leopardi di A se stesso, là dove il Recanatese riflette sull’infinita vanità del tutto
il percorso umano di Orazio, del resto, può ricordare quello di Leopardi
“Amaro e noia la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo t’acqueta omai. Dispera l’ultima volta. Al gener nostro il fato non donò che il morire. Omai disprezza te, la natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera e l’infinita vanità del tutto”, vv. 9-16
i quali presentano la natura nel passaggio dall’inverno alla primavera
inoltre, al v. 12, l’ossimoro tra recurrit e iners (complicato dall’allitterazione del suono /r/) rafforza l’idea del continuo scorrere del tempo.
come le stagioni, anche gli esseri umani sono soggetti a lasciare i giorni migliori e tutta la gioia e i beni che avranno conseguito passeranno ai loro giovani eredi
il continuo rinnovarsi delle stagioni è motivo di riflessione negativa, poiché la nostra bella stagione non tornerà più e nessun merito ci riporterà in vita, una volta che il tempo ci ha ridotti a polvere e ombra
nel carme si susseguono le varie stagioni, ognuna delle quali è descritta con i propri frutti, i propri aspetti positivi o negativi che possono essere di gioia o di sofferenza per gli uomini.
tale concetto è evidenziato ai vv. 10-11, in cui sono presenti un enjambement ed una clausola monosillabica
il ritmo si fa più veloce, ciò che è adeguato al motivo della rapidità del ciclo stagionale
con la neve che si scioglie, le erbe verdeggianti e gli alberi sulle cui cime spuntano le gemme
la terra cambia e i fiumi, il cui livello si abbassa, lambiscono meno le rive
Quest’ultima immagine è sottolineata da un chiasmo (mutat terra/ flumina praetereunt, vv. 3-4)
l’uomo con la morte anche se ricco
diviene polvere senza alcuna possibilità di resurrezione
mentre la natura ogni anno si rigenera
il rinnovarsi delle stagioni appare come un “ memento mori”
questo tema della ciclicità del tempo e della caducità della vita umana è un tema lucreziano
fortemente epicureo
di conseguenza il domani è soggetto di assoluta incertezza
solo gli dèi sanno se ne avremo uno
perciò non ha senso negarsi dei piaceri della vita
per accumulare cose che un erede disperderà senza risparmio
I pregi per cui ci siamo distinti in vita non varranno a farci tornare indietro
cosi come gli dèi non hanno saputo liberare dalla morte uomini a loro cari né eroi né dei
e in ogni caso non sarà infinito
non appartiene a quella ciclicità che è propria della natura
se le stagioni si susseguono
non è cosi per l'uomo
che vive una sola volta
dopo la morte ciò che lo attende è solo polvere e ombra
la danza delle Grazie non è più decritta minuziosamente
Orazio è molto più scarno a livello narrativo
il punto di vista di questa ode è mutato
non c’è nessuna gioia per l’arrivo della primavera
egli non è più quel giovane che si può deliziare della nuova stagione
ha la malinconia di un uomo avanti con l’età
per quanto ricco di qualità
farà la fine degli altri
e non c’è da stupirsene, se neanche i grandi re di Roma o gli dèi e gli eroi della Grecia sono riusciti a vincere la morte
Orazio loda il suo illustre amico con delicatezza e malinconia
nel momento in cui mette in evidenza le sue doti, afferma che queste
né gli gioveranno la sua nobiltà (genus)
la sua abilità oratoria di avvocato (facundia)
con la quale potrebbe provare a convincere Minosse a rimandarlo sulla terra
né l’essere stato sempre devoto agli dèi (pietas)
non gli serviranno davanti a Minosse
si tratterebbe, secondo quanto dicono i commentatori antichi, del migliore avvocato dei suoi tempi
alla pari con un altro personaggio illustre, Asinio Pollione
certamente la sua stirpe era antica e nobile, e proprio sotto il consolato di un Torquato era nato Orazio nel 65 a.C.
Epodi, 13, v. 6: tu vina Torquato move consule pressa meo, «tu tira fuori i vini prodotti sotto Torquato, console del mio anno»
è molto probabile che il Torquato a cui è dedicata quest’ode sia lo stesso cui Orazio indirizza l’epistola 1,5
un gentile invito a pranzo in versi
composizione ad anello
l’ode si chiude tornando al concetto principale
che bilanciano i due exempla romani del v. 15
se neanche la dea Diana o l’eroe Teseo possono salvare dalla morte le persone a loro care(Ippolito e Piritoo)
che cosa può fare un mortale, per quanto nobile come Torquato?
rafforzandolo con due exempla mitologici greci
come in 2,3, la riflessione sulla caducità porta al corollario sulle ricchezze
è inutile essere avari riguardo alle ricchezze che magari si godrà un erede, ben contento della nostra dipartita (vv.17-20)
nell’incertezza del futuro
per quanto ne sappiamo, oggi potrebbe essere l’ultimo giorno della nostra vita
il quadro iniziale è di luminosa brezza
descrizione paesaggistica legata alle stagioni
questa volta non si tratta di un paesaggio invernale
ma viene descritto il risveglio della natura dopo il gelo invernale
con
lo scorrere tranquillo dei fiumi
mentre le Grazie tornano a danzare in compagnia delle Ninfe
il rinverdire di alberi e prati
da quest'immagine di lieta vitalità
si passa alla constatazione che un simile stato di grazia
non è destinato a durare
l'inarrestabile scorrere del tempo
fa precipitare senza sosta il succedersi delle stagioni
all'immobilità assoluta dell'inverno
all'autunno
all'estate
l'immagine d'apertura è cosi totalmente rovesciata
dalla primavera
proprio quell’eterno ritorno delle stagioni, che di primo acchito potrebbe essere cagione di gioia e speranza
deve farci meditare su quanto sia diversa la nostra vita, l’unica stagione che abbiamo e che non è destinata a rinascere
la scomparsa delle nevi
come era solito di Orazio
riprende queste aperture dal suo modello prediletto
Alceo
come già accaduto nell 1,9
Eduard Fraenkel
è l’unica ode che un celeberrimo scrittore Housmann si sentì portato a tradurre.
Housmann, critico inglese
definisce quest’ode la poesia più bella della letteratura latina
alcuni hanno pensato che fosse un vecchio prodotto poetico che sarebbe servito per la scrittura dell’ode 4 del libro 1
in realtà Orazio nel libro 4 non raccoglie vecchio materiale
ma sono nuove composizioni che raccolgono gli stessi temi dei libri precedenti.
secondo altri invece rappresentava un esercizio scolastico mal riuscito
Antonio La Penna
questa è la “regina di tutte le odi oraziane”
l'uso raffinatissimo del linguaggio poetico
il quale con poche, ma efficaci parole, riesce ad esprimere la concezione materialistica della natura
sapendo creare, con la callida iunctura "pulvis et umbra sumus", una infinita bellezza poetica
l'intera poesia è capace di trascinarci nel mondo della bellezza e lasciarci volare nel mondo dell'anima senza la pesantezza del corpo
cosi ché il mondo delle anime è libero e leggero e gode di raffinato piacere estetico
il contenuto della poesia
secondo la quale tutto proviene dalla materia e tutto si trasforma in materia
ma ricco di espressioni poetiche callida iunctura
come la celebre "Pulvis et umbra sumus"
anche l'ordine delle parole cioè l'ordo verborum è chiaro e semplice, ma anche molto lavorato con la lima del poeta che raffina ogni espressione poetica fino a farla diventare alta poesia
la sintassi dell'ode è dominata da periodi ipotattici
dovuti alla consapevolezza della ineluttabilità della morte
che rende gli uomini "polvere ed ombra"
perché Orazio oscilla tra la concezione materialistica della Natura
alla Weltanschauung stoica
secondo la quale la natura è dominata dal "fato" che dà ordine e necessità agli déi che provvedono a mantenere la giustizia fra gli uomini
concezione molto vicina a quella epicurea di Lucrezio
cioè una riflessione serena ( meditazione)
il tono è di delicata malinconia, la fugacità del tempo è una realtà per tutti gli uomini che hanno avuto la possibilità di nascere in questa terra
invece per noi una volta che é terminata la breve stagione della giovinezza dobbiamo iniziare un cammino di non ritorno perché torneremo ad essere pulvis et umbra
sul fatto che subito dopo la stagione della primavera si susseguono le altre stagioni in un ciclo continuo
quale è il ciclo della natura
dell'arrivo della primavera
la strofe archilochea seconda