Il pensiero computazionale
4.Imparare a programmare è il metodo migliore per acquisire il pensiero computazionale.
Programmare vuol dire fornire una serie di istruzioni chiare e precise, affinché chiunque, anche unacchina, possa raggiungere un dato obiettivo
5.Qualunque sia la meta bisogna allenarsi per arrivarvi
6.Cosi come l'invenzione della stampa ha determinato una diffusione dell'alfabetizzazione così i computer faciliteranno la diffusione del pensiero computazionale
3.Il pensiero computazionale è lo strumento che ci consente di passare da un'idea al procedimento per realizzarla
2.Che cos'è il pensiero computazionale
Sottoargomento
1.Il pensiero computazionale è un modo di pensare che ci aiuta a formulare "soluzioni costruttive a problemi che dobbiamo risolvere
8.Quindi impariamo a giocare con la programmazione
Sottoargomento
7.Quali sono oggi gli strumenti per insegnare il pensiero computazionale in maniera strutturata? Purtroppo non esiste una risposta univoca a questa domanda: quel che mette d’accordo un po’ tutti coloro che a vario titolo studiano la materia (informatici, psicologi, neuroscienziati e
pedagogisti) è la convinzione che, fino a che non emergerà un metodo riconosciuto (corredato di strumenti per l’insegnamento e metriche per la valutazione dell’apprendimento), la pratica della programmazione resta il veicolo più efficace.
Papert, colui che per primo coniò il termine “computational
thinking” è il padre di una teoria dell’apprendimento
nota come costruzionismo che sostiene che la mente
umana per poter imparare bene ha bisogno di creare
artefatti, ovvero rappresentazioni reali del mondo con
cui interagisce.
E il computer, secondo Papert, è un ottimo strumento didattico
poiché, grazie alla programmazione, può creare
questi artefatti.
Il testimone di Papert è stato raccolto da Mitchel Resnick
responsabile del Lifelong Kindergarten del MIT MediaLab
che con i suoi collaboratori ha realizzato un framework
per l’insegnamento del pensiero computazionale e la
valutazione dell’apprendimento che si fonda sulla convinzione
che i bambini possano acquisire il pensiero
computazionale programmando storie interattive e videogiochi
(gli artefatti di cui parlava Papert).