da Patrizia Vayola mancano 4 anni
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politiche ispirate all’e-learning 2.0 possano conseguire qualche risultato nel senso di favorire e-inclusion, e-participation, e-citizenship, anche se al momento le evidenze non sono decisive
l’ampliamento delle opportunità relazionali ed informative per mezzo della rete.
un insegnante che sappia saggiamente dialogare in modo personalizzato con i propri allievi tramite strumenti del web 2.0 (blog, mobile, ecc.) può avere una possibilità in più per favorire un clima di complicità empatica in classi a forte rischio di drop out
uno degli slanci maggiori all’uso delle tecnologie è venuto dagli stessi insegnanti: si consideri l’incredibile numero di educational blogger presenti sulla rete
la realizzazione di contenuti manipolabili, editabili, individualizzabili in rapporto ai diversi livelli di difficoltà di apprendimento, è una delle opportunità maggiori che le tecnologie offrono alla scuola (Hattie), in particolare in un’ottica di POLITICA INCLUSIVA
LE RAPPRESENTAZIONI GRAFICHE
sul piano della comunicazione, condivisione, conservazione e gestione di risorse didattiche interne alla scuola
Se possiamo dunque dimostrare che le tecnologie contribuiscono a migliorare qualche aspetto del contesto e della vita scolastica, senza effetti controproducenti sugli apprendimenti, sarebbe poco sensato contrastarne l’impiego
non si può rinunciare a criteri di argomentazione controfattuale.
Sappiamo che le tecnologie intellettuali modellano i processi cognitivi e culturali (Ong) e cominciamo a conoscere i processi neurologici coinvolti nell’impiego delle tecnologie (anche a prescindere da etichette che rischiano di essere fuorvianti come quella di "nativi digitali")
LA QUESTIONE DEI NATIVI DIGITALI
leggere un libro in profondità comporta significative differenze neurologiche rispetto alla lettura sul web, caratterizzata da browsing ipertestuale e “scrematura” veloce: nel primo caso si ha grande attività nelle regioni che presiedono al linguaggio, alla memoria, alla elaborazione di stimoli visivi, ma non nelle attività prefrontali che presiedono alle decisioni e risoluzioni di problemi che si attivano invece nella navigazione ipertestuale che implica impegno nella scelta dei link da seguire
Tutto ciò richiede di mettere al centro domande che sono di natura educativa: “Quale è il modello di lettore che vogliamo formare?” “Quale è l’idea di ecologia della mente che assumiamo a fondamento del nostro modello educativo?”.
In queste visioni che legano modello educativo e scenari della società contemporanea si assume come esistente e si generalizza un determinato modello di società, si presuppone che la scuola debba allinearsi ad esso e che tale avanzamento significhi positività.
Il rischio principale è quello della carenza di realismo, di presupporre un cambiamento della società che potrebbe non avvenire, o sopraggiungere con ritardo, o di appellarsi a dimensioni, come quelle socio-emozionali, aggregative, empaticopartecipative, che potrebbero rimanere di scarsa rilevanza nel mondo reale, o di proporre soluzioni che potrebbero avere senso per minoranze ristrette che comunque hanno già una solida preparazione alfabetica e cognitiva di base e non per la maggioranza della popolazione
IL DIGITAL DIVIDE OGGI
M. Gui, LE TRASFORMAZIONI DELLA DISUGUAGLIANZA DIGITALE TRA GLI ADOLESCENTI: EVIDENZE DA TRE INDAGINI NEL NORD ITALIA
si potrebbe giustificare l’impiego di tecnologie mobili o di social networking nella scuola in funzione di nuovi modelli dialogici o narratologici, di nuove forme di appartenenza sociale, che sarebbero ormai un dato caratterizzante la società contemporanea; per allinearsi a ciò l’educazione avrebbe il compito di passare da un istruire sul mondo ad un apprendere attraverso il coinvolgimento nel mondo e nella costruzione di culture partecipative che promuovano nuove strategie per la SOLUZIONE DI PROBLEMI
In questa prospettiva non ha senso la logica evidence based o criterion based; ci si basa su valutazioni di ordine etico-sociale, su un modello di società immaginata a cui si attribuisce aprioristicamente valenza positiva: il criterio è dunque value based.
diversi autori (come Skinner, Papert, Levy, Rheingold, Jenkins) immaginano le tecnologie come un’opportunità per liberare creatività visionaria e per speculare su caratteristiche della società futura.
LE COMPETENZE DIGITALI DI CITTADINANZA
Anche se questa posizione rischia di offrire l’alibi per un rigetto indifferenziato di ogni possibilità sperimentale, è pur vero che spesso contesto ed operazioni cognitive costituiscono un setting difficilmente separabile e le skill attivate solo nominalmente possono essere considerate appartenenti alla stessa tipologia
costruire un archivio virtuale vs archivio fisico
orientarsi su google map vs carta geografica
Ci sono poi situazioni in cui la no significant difference può essere un dato positivo; se, ad esempio, un’ATTIVITA' a DISTANZA si può realizzare con lo stesso risultato in termini di apprendimento che in presenza, appare del tutto ragionevole convenire che la soluzione e-learning è preferibile, in virtù di altri fattori (risparmio di tempo, costi, customizzazione ecc.).
LA DIDATTICA BLENDED
per soggetti normodotati ci sono SITUAZIONI “IN-COMPARABILI” quali quelle offerte dalla augmented o expanded reality: un’esplorazione virtuale in contesti fisicamente irraggiungibili, un sito archeologico, una navigazione nello spazio, una esplorazione all’interno del corpo umano; in tutti questi casi le tecnologie possono aggiungere una condizione o opportunità nuove perché l’apprendimento stesso si possa svolgere.
Ci sono poi situazioni per le quali la logica della comparazione sperimentale non ha senso: si pensi nell’ambito della DIDATTICA SPECIALE ai deficit sensoriali e motori dove l’impiego delle tecnologie può rappresentare il fattore abilitante stesso all’apprendimento o comunque può offrire un significativo valore aggiunto sul piano dell’indipendenza, dell’inserimento lavorativo e della partecipazione sociale
ESEMPIO: ci sono contesti comunicativi virtuali dove soggetti con difficoltà ad esprimersi e comunicare in forma diretta (ad es. nello spettro dell’autismo) possono trovare un canale più congeniale attraverso mediazioni più impersonale (avatar, schermi tattili, banchi digitali interattivi ecc.).
Hattie specifica che RISULTATI MIGLIORI sono individuabili in contesti molto interattivi, in cui si dà risalto al feed-back, all’apprendimento tra pari, al controllo dell’apprendimento da parte dello studente, e allo sviluppo di PROCESSI METACOGNITIVI in cui può essere conveniente fornire opportunità molteplici per apprendere, in cui comunque gli insegnanti abbiano preventivamente ricevuto adeguata formazione
LA TEORIA DEL CARICO COGNITIVO IN SINTESI
Hattie sostiene che: «Avere troppe attività a finalità aperta (apprendimento per scoperta, ricerche su Internet, preparare presentazioni P. Point) può rendere difficile indirizzare l’attenzione degli studenti a ciò che ha importanza, dato che essi amano esplorare dettagli, aspetti irrilevanti e molto specifici, mentre svolgono queste attività.»
Bisogna dire ai decisori che: "Se ci si aspetta dalla introduzione su vasta scala di tecnologia nella scuola un miglioramento nei risultati relativi agli apprendimenti curriculari, ci si prepari ad una ulteriore delusione; tale aspettativa non trova fondamento nelle evidenze empiriche, semmai sussistono indicazioni che rendono più probabile che si consegua l’effetto opposto"
anche i dati dell’OECD (2011) attestano che la correlazione tra uso del computer e miglioramento dei risultati (lettura, matematica, scienze, lettura digitale) rimane positiva fino ad un certo livello per poi decrescere; da una certa soglia in avanti quando più il computer è usato a scuola, tanto più gli alunni peggiorano.
DATI OECD Organisation for Economic Co-operation and Development
le spiegazioni che appaiono più ragionevoli di questo fenomeno sono quelle che rimandano al ruolo distrattivo che le tecnologie possono avere.
sono congruenti con l’affermazione per cui sono le metodologie (e gli insegnanti che le utilizzano), e non le tecnologie a fare la differenza
sono congruenti con osservazioni avanzate sin dai primordi del computer nella scuola
Gui: ci vuole grande cautela nel sostituire didattica tradizionale con didattica basata sull’uso dei nuovi media (2012)
la ricerca di Hattie
compara dati di 800 ricerche
valori significativamente più alti sono conseguiti da talune strategie didattiche: finalizzate ad obiettivi precisi, più interattive (istruzione diretta, mastery learning, valutazione formativa) e orientate a valorizzare la metacognizione; le strategie che funzionano meglio sono quelle che concentrano la propria attenzione sulla gestione del feed-back e creano una complicità alunno-docente sulla visibilità dell’impatto didattico
APPROCCI METODOLOGICI
Va comunque ricordato che le ICT hanno anche contribuito a modificare e perfezionare alcuni di questi modelli di apprendimento e di didattica efficace; tra tecnologia e metodologia i rapporti sono dunque più complessi di quanto qui per motivi di schematizzazione didattica sia stato possibile presentare.
L’effect size (ES) rimane al di sotto di una soglia significativa in tutte le tipologie di impiego tecnologico tranne che per i video interattivi: Computer Assisted Instruction 0,37 Web based learning 0,18 Video interattivo 0,52 Simulazione 0,33 Educazione a distanza 0,09 È un valore che si calcola in rapporto alla Deviazione Standard usato per misurare l’efficacia della variabile sperimentale; diventa rilevante quando supera 0,4