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Arman-Accumulazione di brocche, 1961

L'OGGETTO QUOTIDIANO E LE ILLUSTRAZIONI

Ogni oggetto può diventare altro da se, basta “cambiargli il contesto” con un disegno, con la giusta scomposizione delle sue parti, con l'uso di un filo metallico.....

Le immagini di questi artisti ci invitano a guardare il mondo in modo diverso, strappano un sorriso per la loro semplicità e ci fanno riflettere sulle fonti di ispirazione presenti nel nostro intorno.

L’idea degli artisti è quella di utilizzare i normali oggetti che vediamo e usiamo tutti i giorni in modo non convenzionale, ovvero creando attorno ad essi delle illustrazioni e delle storie rendendo vivi oggetti altrimenti inanimati.

TERRY FRONTERA

JAVIER PEREZ

VICTOR NUNER

CHRISTOPH NIEMANN

GLI OGGETTI COMUNI NELLE OPERE DI ARTISTI CONTEMPORANEI

In molti artisti contemporanei troviamo l' operazione di rimozione di oggetti di uso quotidiano dal loro contesto abituale al fine di coglierne la bellezza e la poesia, per renderli metafora del un mondo interiore o delle relazioni sociali, per sostituirli alle tradizionali tecniche compositive artistiche.

AI WEIWEI

Bang, foresta di sgabelli, 2013

Bang, foresta di sgabelli, 2013

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Ai Weiwei ha assemblato 886 sgabelli cinesi in legno a tre gambe. Nella Cina di oggi, lo sgabello a tre gambe è un pezzo d'antiquariato. Prodotto da un metodo uniforme, era in uso in tutta la Cina e in tutti i settori della società per secoli. Ogni famiglia ha avuto almeno uno sgabello, che serviva per tutti i tipi di uso domestico ed è stata tramandata di generazione in generazione. Dopo la Rivoluzione Culturale, che ha avuto inizio nel 1966, e la conseguente modernizzazione del paese, tuttavia, la produzione di questi sgabelli è crollata. Alluminio e plastica hanno sostituito il legno come materiale standard per i mobili. Ai Weiwei, reclutando artigiani tradizionali che possiedono le competenze necessarie e ormai rara, ha creato una struttura rizomatica espansiva la cui crescita tentacolare ricorda gli organismi in dilagante proliferazione delle megalopoli di questo mondo. Il singolo sgabello come parte di una struttura scultorea onnicomprensiva può essere letto come una metafora dell’individuo e la sua relazione con il sistema globale ed eccessivo di un mondo post-moderno che cresce alla velocità della luce.

Forever, Biennale di Venezia 2014

Forever, Biennale di Venezia 2014

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"La bici, il mezzo più verde del pianeta, è l'oggetto della massiccia installazione dell'artista cinese Ai Wei Wei alla Biennale di Architettura di Venezia. Nel cortile del Palazzo Cavalli-Franchetti, una struttura alta dieci metri e composta di circa 1,179 bici, regala agli spettatori la dimensione del tempo che cambia e allo stesso tempo si rinnova, per invitare lo spettatore a cambiare prospettiva sulla realtà che pensa di conoscere con fermezza.I telai lucenti dell'attrezzo, si combinano infatti in molteplici livelli di volume e creano una nuova prospettiva visuale stravolta e un inedito punto di vista dal quale guardare un oggetto comune all'immaginario collettivo. Riutilizzare l'oggetto in un contesto specificatamente nuovo, simboleggia il viaggio dello spettatore alle soglie della sottile linea che divide passato e presente, tradizione e innovazione. Un percorso a ritroso che si svolge davanti alle quinte dell'antica facciata del palazzo Franchetti. Tuttavia il confronto con tempo e con la storia del mondo, non è destinato a basarsi su un solido rapporto di reciproca osservanza. Per questo le bici sono posizionate in modo da creare un effetto ottico che non permette di mettere a fuoco fino in fondo l'oggetto dello sguardo.E lo scorrere dei giorni sfugge ancora una volta al senso comune, ricordando allo spettatore l'importanza di concepire il tempo e il proprio ambiente in una prospettiva più ampia che possa prevedere anche il riciclo degli oggetti quotidiani di consumo. " (La Stampa)   

SAKIR GOKCEBAG

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In una delle sue opere Sakir Gökçebag  decide di utilizzare i più classici dei rotoli di carta igienica per realizzare istallazioni originali. L' artista non è nuovo all’ utilizzo di materiali non convenzionali e le sue opere testimoniano come l’arte non necessita di strutture o arnesi particolari, basta ascoltare il proprio spirito.Decontestualizzando e defunzionalizzando l’oggetto d’uso quotidiano Gökçebağ scherza con la natura dell’arte e delle cose per assecondare un’attitudine che prende per la coda le forme e, mediante un gioco di moltiplicazione, di divisione o di addizione, costruisce atmosfere surreali, composizioni tese a invertire e sovvertire il senso di marcia dell’oggetto, a investirlo di nuovo senso, a tramutarlo mediante la forza attiva della creatività.

Layers Trans I, 2010

Layers Trans I, 2010

Toccata e fuga, 2011

Toccata e fuga, 2011

Plenum, 2007

Plenum, 2007

Shared space, 2004

Shared space, 2004

KAARINA KAIKKONEN

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“L’indumento conserva i segreti che le persone si portano dentro, farne materia prima per le opere è un modo per coinvolgere segmenti di vita dei singoli individui”. Kaarina KaikkonenL’alfabeto di Kaarina Kaikkonen si alimenta di frammenti di esistenze e storie quotidiane che, come piccoli tasselli di un mosaico corale,si legano e stratificano costituendosi in un linguaggio individuale ma universalmente riconoscibile.Questi frammenti non sono altro che abiti e oggetti quotidiani in disuso, recanti le vivide tracce della vita che li ha preceduti, testimoni silenti di una storia o moniti alla memoria. Camicie, scarpe, giacche e posate, come monumenti di esistenze passate, divengono depositari di valori storici, sociali, etici e politici in dialogo con il luogo nel quale si trovano a rivivere.Il grande potere di immediatezza delle opere di Kaarina Kaikkonen risiede proprio nel loro valore antropologico, ovvero di saper raccontare una storia, di lasciarsi leggere senza l’aiuto di una didascalia, poiché i paesaggi e le geografie composte dall’artista non sono altro che paesaggi di persone con le loro geografie interiori.

Me and others,2012

Me and others,2012

We are all in the same boat, 2008

We are all in the same boat, 2008

scarpe/insetto, 2003

scarpe/insetto, 2003

And was I able to fly ,1997

And was I able to fly ,1997

TONY GRAGG

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Tony Cragg, nato a Liverpool nel 1949, prima di intraprendere la via dell’arte seguì un corso di studi ad indirizzo scientifico e per due anni lavorò come tecnico di laboratorio: l’interesse per ogni aspetto della materia, intesa come insieme di atomi e molecole in continuo movimento e in perenne fusione, si riflette in tutta la sua opera. Per Cragg, come il biologo dà un senso a ciò che non ha ancora un nome, l’artista manipola l’ambiente e la materia in modo da darle “un’intelligenza”, ovvero un significato.I materiali utilizzati da Cragg nella sua lunghissima e instancabile carriera spaziano dagli oggetti di plastica trovati nella spazzatura dei primissimi lavori, ancora fortemente impregnati della teoria del Ready Made di Duchamp, ai cocci di vetro divisi scientificamente per colore e poi assemblati in nuove e significative composizioni, fino ai materiali più classici quali legno, marmo e bronzo con cui realizza dei totem giganteschi, le cui forme riflettono sempre la debolezza umana. La rappresentazione di ciò che è impossibile vedere si esprime in opere che integrano la quarta dimensione, il tempo, e il movimento. Cragg, dopo aver sperimentato qualsiasi materiale o quasi afferma che la materia più importante per le sue sculture è il cervello umano: è lo spettatore che percepisce l’opera a determinarne la forma a seconda del suo punto di vista e delle sue personali emozioni.

Scultura con dadi,1999

Scultura con dadi,1999

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Cragg, utilizzando dei semplici dadi, realizza sculture dalle linee morbide ponendo l’attenzione ad ogni singolo dado per ottenere curve sinuose, creando così delle vere e proprie opere d’arte contemporanea e moderna.

Erodit Landscape, 1998

Erodit Landscape, 1998

Mit­telschnicht, 1984

Mit­telschnicht, 1984

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Tony Cragg reinterpreta la scultura a partire da semplici elementi costruttivi. Selezionando e accorpando famiglie di oggetti organizzandoli in ampie installazioni scul­toree : tavoli, battipanni, cassetti, scale, tasselli sono disposti a spirale fino ad occupare l’intera stanza.

Minster, 1987

Minster, 1987

L'OGGETTO QUOTIDIANO NELLA STORIA DELL'ARTE

DADAISMO
(Manifesto dadaista 1918)

Per i dadaisti l' oggetto comune diventa PROVOCAZIONE contro le convezioni della storia dell'arte e la crescente importanza della firma e del contesto espositivo per decretarne la valenza. Gli artisti dadaisti parlano, in riferimento ai loro oggetti quotidiani, di ready made.

READY MADE: Oggetto di uso comune, prefabbricato, scelto da un artista che, senza usare su di esso alcun intervento di carattere estetico, ne determina il valore con l’atto mentale di percepirlo come opera d’arte. Il termine fu usato per la prima volta da M. Duchamp per la sua Ruota di bicicletta posta su uno sgabello (1913) e per il suo Scola-bottiglie (1914). Importanza dell'ideazione dell'opera d'arte rispetto alla sua creazione.

M. Duchamp - Ruota di bicicletta, 1913

M. Duchamp - Ruota di bicicletta, 1913

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Una ruota di bicicletta, fragile, leggera. La forcella, rovesciata, è avvitata su uno sgabello da cucina in legno dipinto. In questo oggetto è contenuta la grande rivoluzione concettuale del Novecento."Ruota di bicicletta", il primo ready-made di M. Duchamp, è un paradosso logico, perché unisce un oggetto che esprime il movimento (la ruota) a uno che lo rende immobile (lo sgabello), un prodotto industriale (la ruota) a uno artigianale (lo sgabello di legno), una forma circolare (la ruota ) a una quadrata (la base dello sgabello). Duchamp fa girare la ruota. Ci gioca. Come se non volesse prendere sul serio la portata storica di questo oggetto, emblema del Dadaismo, simbolo della contemporaneità.La ruota, inserita in un contesto nuovo, è al tempo stesso riconoscibile e incomprensibile, poiché disorienta lo spettatore che è abituato a considerare l'opera d'arte come il frutto di un talento eccezionale, il risultato di un difficile percorso da parte dell'artista ispirato e dotato di particolari capacità tecniche.L'osservatore è quindi indotto a mettere in crisi i punti di riferimento dell'arte tradizionale e a chiedersi se un'opera d'arte sia tale solo perché collocata in una mostra o in una galleria, se l'aspetto estetico sia irrilevante, o se gli oggetti prodotti industrialmente abbiano un valore.L'osservatore è costretto dalla ruota di bicicletta di Duchamp a riflettere sull'idea e sul ruolo dell'opera d'arte, e a conferire così un significato concettuale a un'opera che non contiene nessun significato interiore.

M. Duchamp - Scolabottiglie, 1914

M. Duchamp - Scolabottiglie, 1914

M. Duchamp - Fontana, 1916

M. Duchamp - Fontana, 1916

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Il «ready-made» dal titolo «Fontana» rappresenta il momento di maggior provocazione dell’opera di Duchamp. Nel 1917 egli era negli Stati Uniti e in quell’anno, sul modello del Salon des Indépendants, venne creata la Society of Independent Artists. Duchamp faceva parte del direttivo di questa associazione. Alla mostra organizzata dal gruppo poteva partecipare chiunque, pagando sei dollari, ed esponendo al massimo due opere.Duchamp mise in atto la sua provocazione in incognito. Presentò alla giuria della mostra un orinatoio firmandolo con lo pseudonimo R. Mutt. La giuria non capì e, sull’imbarazzo di come considerare la cosa, non fece esporre il pezzo.Una fotografia dell’opera fu tuttavia pubblicata sulla rivista «The Blind Man», edita dallo stesso Duchamp, il quale, fingendo di difendere l’ignoto autore dell’opera, scrisse: «Non è importante se Mr. Mutt abbia fatto Fontana con le sue mani o no. Egli l’ha SCELTA. Egli ha preso un articolo ordinario della vita di ogni giorno, lo ha collocato in modo tale che il suo significato d’uso è scomparso sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista – ha creato un nuovo modo di pensare quell’oggetto».L’orinatoio originale utilizzato da Duchamp stranamente andò smarrito quando fu smontata la mostra nel 1917. Solo nel 1964 Duchamp autorizzò una replica di quel suo «ready-made» che fu acquistata dal collezionista milanese Arturo Schwarz.

Man Ray - Cadeau, 1921

Man Ray - Cadeau, 1921

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Appena Man Ray arrivò a Parigi dagli Stati Uniti, il 14 luglio del 1921, venne subito organizzata dagli amici dadaisti un’esposizione alla Librairie Six dove egli potè mostrare le sue opere rivoluzionarie, dipinti e oggetti, eseguite in America. Fu in quell’occasione che l’artista costruì il primo oggetto dadaista francese: Cadeau, un ferro da stiro, trovato da un rigattiere, al quale egli applicò una striscia di quattordici chiodi, modificandone la naturale funzione allisciante e costringendolo a trasformarsi in un nuovo oggetto, con un nuovo ruolo dallo strano fascino.

SURREALISMO
(Manifesto surrealista 1924)

Gli oggetti surrealisti condividono, con quelli dadaisti, il sapore della critica ma spesso, non solo perdono , ma addirittura contraddicono in modo paradossale il loro uso normale.

Si parla di objects trouves, ovvero oggetti comuni trovati, che recano in se una storia da raccontare. Gli artisti cominciano a proiettare nell'oggetto l'identità personale.

S.Dalì - Telefono e aragosta 1936

S.Dalì - Telefono e aragosta 1936

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Questo è un classico esempio di un oggetto surrealista ottenuto dalla combinazione di elementi non normalmente associabili tra loro, con conseguente creazione di una sensazione al tempo stesso giocoso e di minacciosa.Dalí riteneva che tali oggetti potessero rivelare i desideri segreti dell'inconscio. in particolare aragoste e telefoni avevano forti connotazioni sessuali per Dalí. Il telefono appare in alcuni dipinti della fine del 1930, (come Mountain Lake) , e l'aragosta appare in disegni e modelli, di solito associati a piacere erotico e dolore.

P.Picasso - Testa di toro 1942

P.Picasso - Testa di toro 1942

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L'opera risulta dall'assemblaggio di due oggetti trovati per caso, un sellino ed un manubrio di bicicletta: oggetti comuni ma "magnificati" dal gesto poetico ed inventivo di Picasso.Il maestro spagnolo va nella direzione opposta rispetto al ready-made e ottiene un oggetto metamorfico caratterizzato da una doppia natura, infatti a proposito di quest'opera disse: "Così un giorno presi il sellino di una bicicletta e il manubrio mettendoli uno sopra l'altro, facendo di essi una testa di toro. Forte. Ma ciò che feci più tardi fu gettare via la testa di toro. Gettarla via - nello scolo della grondaia, da qualunque parte - ma lontano da me. Poi un operaio si avvicinò e la raccolse dal fosso e decise che forse avrebbe potuto ricavare un sellino e un manubrio da quella testa di toro. E se lo avesse fatto, sarebbe stata una cosa magnifica. Questa è l'arte della trasformazione".

NEW DADA
anni 60

Gli artisti appartenenti al gruppo dei New Dada trasfigurano gli oggetti del quotidiano attraverso l'uso di materiali tradizionali.

L'oggetto utilizzato nel quadro ha l'evidente oggettività della realtà viva, ma si trasforma sempre totalmente in pittura o scultura, anche se costituita da una combinazione di oggetti neutri o da simboli stereotipati.

J.Johns - Lattine di birra, 1964

J.Johns - Lattine di birra, 1964

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La scultura rappresenta due lattine di birra, una delle due aperta, come se stesse per raccontarci la visita di un amico o un rapporto di amicizia tra due persone che condividono abitudini e gusti.Le due lattine di Ballantine sono realizzate in bronzo e si ergono sopra una base che sembra imitare il marmo e conferisce perciò un’ironica monumentalità ai due oggetti. L’intera scultura è ridipinta a mano e non nasconde perciò le imperfezioni dell’esecuzione artigianale.

R.Rauschenberg - Letto, 1955

R.Rauschenberg - Letto, 1955

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Siamo di fronte ad un letto vero, estrapolato dalla sua vita normale, allontanato dalle sue funzioni reali, il cui valore meramente funzionale, diventa la base, la “tela” di un’operazione artistica; spalmato, cosparso e stravolto dalla pittura (che diventa materica), dai colori, che vi si sovrappongono con forza creativa, è divenuto testimonianza del vissuto. Tutta l’arte è impunemente stravolta ed è aborrito il senso dell’ordine per sconfinare nel caos quotidiano, quello stesso di cui siamo vittime. Un caos convulso nel quale ogni specie di merce, di oggetto, di elemento, interagisce con la nostra sfera personale.

NOUVEAU REALISME
(Manifesto anni 60)

Nel Nouveau Realisme diventa importante la valorizzazione dell'oggetto comune attraverso l'azione dell'artista e la possibilità di intervenire su di esso, anche in termini fortemente incisivi.

Con la sua esclusiva azione, l'artista compie un processo di dissemblage, quando l'oggetto di consumo ordinario non viene semplicemente esposto, ma sottoposto ad un'azione distruttiva (Arman, Rotella), metafora della violenza che la società esercita sui valori morali, oppure violentemente compresso (Cesar), così come il sistema comprime l'esistenza e la libertà dell'individuo. Ma le azioni possono essere anche meno violente e semplicemente rivolte a fermare il tempo in un istante preciso, come le accumulazioni di Arman o i quadri trappola di Spoerri.

Cesar - Compressione "Ricard", 1962

Cesar - Compressione "Ricard", 1962

Cesar - Compressione di moto, 1970

Cesar - Compressione di moto, 1970

Cesar - Compressione di automobile, 1962

Cesar - Compressione di automobile, 1962

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Le compressioni di César vengono esposte per la prima volta nel 1960 ad un pubblico scandalizzato. Le opere si ricollegano direttamente al manifesto del Nouveau Réalisme pubblicato in quello stesso anno da Pierre Restany, fondatore del movimento, che propone “l’appassionante avventura del reale percepito in quanto tale e non attraverso il prisma della trascrizione concettuale o immaginativa”Le “compressioni” dello scultore non sono altro che rettangoli di ferraglie intrisi di vita passata , fatti di intestini di materiali rottamati, ai quali l’azione violenta dello scontro brutale e distruttivo dona una nuova pulsione.

Arman - Chopin Waterloo, 1962

Arman - Chopin Waterloo, 1962

Arman – Le chute des courses, 1996

Arman – Le chute des courses, 1996

Arman - O' Clock, 1998

Arman - O' Clock, 1998

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Nouveau Réalisme per Arman significa assemblare oggetti che la nostra società reputa marginali e insignificanti, puntando l'attenzione su ciò che non notiamo ed esaltando così il valore di ciò che utilizziamo quotidianamente: come uno strumento musicale che emette melodie e crea emozioni, ma che nella poetica di Arman viene spaccato, sezionato e non trasmette suoni. Diviene così un articolo di "contemplazione", facendoci ricordare che in ogni oggetto che ci circonda è contenuto "ingegno".

Spoerri - Tavoli trappola

Spoerri - Tavoli trappola

Spoerri - Kichka's breakfast’ , 1960

Spoerri - Kichka's breakfast’ , 1960

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Nel 1960 Spoerri ha l'idea dei tableaux-piege, i "quadri-trappola": fissa con colla o resina sintetica situazioni che gli si presentano sul tavolo (resti di cibo, stoviglie e altri oggetti) e li appende verticalmente alla parete, come una natura morta.I cosiddetti quadri-trappola catturano un determinato istantee lo trattengono. Isolare un istante dalla casualità del flusso quotidiano può significare irrigidire o estendere questo istante, descrivere sia una fissazione che un movimento infinito ed essere anche sinonimo di eternità o transitorietà.L' affermazione del genere dell'artista avviene nel 1967 con l'apertura del suo "Ristorante Spoerri" di Düsseldorf con annessa "Eat Art Gallery" nel 1970.L'artefice prepara il piatto, lo cucina, ma è l'avventore del ristorante che contribuisce alla creazione artistica, mangiando e lasciando la tavola con un aspetto particolare, diversa da tutte quelle precedenti e successive.Il risultato è un'opera a più mani che Spoerri espone all'interno della sua galleria e che, quindi, il cliente può acquistare.

Spoerri – Eat art ,1967

Spoerri – Eat art ,1967

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Negli anni 60 Spoerri chiama la sua arte "Eat Art" che non è solo il trasferimento di un oggetto da un ambito all'altro, con conseguente alterazione di identità, ma anche il porsi - e porre al pubblico - delle domande.Un piatto di pasta, un frutto, uno scarto alimentare, acquisiscono un'aura più nobile, perché possano essere finalmente guardati (e non consumati) e capiti nella sua essenza - la loro forma esteriore, i loro ingredienti, il loro colore.

Spoerri – Il Bistrot di S. Marta

Spoerri – Il Bistrot di S. Marta

Spoerri – Il Bistrot di S. Marta

Spoerri – Il Bistrot di S. Marta

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Il più recente ciclo di lavori dell’artista dal titolo "Il Bistrot di Santa Marta" ha come riferimento il mondo della cucina e della preparazione del cibo. Sono infatti 21 tavole che presentano assemblaggi di utensili di cucina, tutti oggetti ritrovati da Daniel Spoerri nei mercatini delle pulci di tutta Europa e conservati e fissati in una raccolta ideale, che è tanto un riferimento al gesto del collezionare, quanto alla conservazione come traccia e memoria di situazioni vissute, di tradizioni e di costumi che delineano una sorta di ricostruzione archeologica del nostro tempo, rivissuta attraverso una pratica millenaria e archetipa come la preparazione e la consumazione del cibo.

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Illustrazione di Victor Nunes

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Duchamp fotografato con una delle sue opere più famose la famosa "Ruota di bicicletta"- fotografia del 1951

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Ai Weiwei - Grapes, 2010

Si potrebbe parlare di una vera e propria vita segreta degli oggetti comuni.
Nell'arco della storia dell'arte, infatti, diverse sono state le sperimentazioni che hanno portato a utilizzare oggetti di uso quotidiano come mezzi di provocazione o soggetti per giochi di contrasti logici o manifesti di critica al sistema, ma anche, semplicemente, come oggetti che diventano vere e proprio opere d'arte attraverso la loro scomposizione, compressione, accostamento o ricontestualizzazione.

“ARTE DEGLI OGGETTI BANALI”
USO DEGLI OGGETTI QUOTIDIANI ELEVATI AD OGGETTI D'ARTE