File Domande
Ortopedia
1. EMISPONDILIA:
Condizione malformativa congenita del rachide, causata da sofferenza od agenesia dei nuclei di ossificazione, che comporta il mancato sviluppo di una metà del corpo vertebrale, che si presenta conformato “a cuneo” sul piano frontale.
Questo tipo di malformazione provoca una notevole alterazione dei normali rapporti vertebrali, la statica della colonna risulta compromessa dando origine ad una scoliosi congenita
(diversamente dall’emisoma, causato da sofferenza od agenesia dei nuclei di accrescimento dei corpi vertebrali, che provoca cifosi congenita);
talvolta emispondilia e sinostosi si associano, dando luogo a malformazioni complesse.
La diagnosi è obiettiva e radiologica, con proiezioni laterali del rachide; vanno inoltre ricercati segni di sofferenza neurologica causati eventualmente dal decorso irregolare del canale midollare.
La terapia è principalmente chirurgica con associazione di decompressione in caso ci sia sofferenza midollare.
2. DISPLASIA CONGENITA DELL’ANCA (DCA) / LUSSAZIONE CONGENITA DELL’ANCA (LCA) (x11):
Insufficiente sviluppo dell'articolazione dell'anca e concomitante lassità capsulo-legamentosa che provoca una perdita dei rapporti articolari (la modificazione degli angoli di inclinazione e declinazione porta gradualmente la testa del femore a dislocarsi dalla cavità acetabolare).
Ha inizio in epoca fetale e, se non trattata, evolve durante i primi anni di vita per il passaggio da posizione seduta (3-4 mesi) a stazione eretta e deambulazione (9-14 mesi) con esiti permanenti e invalidanti (lussazione franca e lussazione inveterata).
E’ un’affezione ereditaria di tipo poligenetico, spesso bilaterale ed associata a piede torto congenito, più frequente nel sesso femminile (6:1), e prevalentemente diffusa nella razza caucasica.
Teorie etiopatogenetiche:
- Plasticità e deformabilità cartilagine acetabolare alle sollecitazioni della testa femorale
- Lassità capsulo-legamentosa
- Posizione dell’anca fetale: fattori ambientali che concorrono a ridurre lo spazio della cavità intrauterina obbligandolo ad adduzione forzata dell’anca (gemellarità, oligoidramnios, macrosomia fetale, ecc.)
Distinguiamo diverse forme evolutive caratterizzate da diversi quadri anatomo-clinici:
- PRELUSSAZIONE, o displasia propriamente detta:
CARATTERISTICHE: ovalizzazione dell’acetabolo, presenza di neolimbus nella porzione postero-superiore del bordo dell’acetabolo, anomalie di condrociti e matrice cartilaginea, aumento antiversione collo femorale, lassità capsulo-legamentosa.
SINTOMI E SEGNI: positività segno dello scatto in entrata (apprezzabile attraverso la manovra di Ortolani, che causa la riduzione della sublussazione dell'anca, col femore che ritorna all'interno dell'acetabolo scavalcando il neolimbus; in caso di negatività alla manovra di Ortolani, potrebbe apprezzarsi il segno dello scatto in uscita attraverso la manovra di Barlow, che induce dislocazione della testa femorale), asimmetria pliche cutanee delle cosce e delle natiche, atteggiamento di extrarotazione dell’arto, deviazione fessura vulvare nelle femmine.
- SUBLUSSAZIONE:
CARATTERISTICHE: allontanamento testa femorale dal cotile e risalita verso il bordo dell’acetabolo, ipoplasia testa femore e ritardo ossificazione porzione postero-superiore della cartilagine acetabolare, valgismo e antiversione collo-femorale (coxa valga antiversa), ipertrofia legamenti rotondo e trasverso dell’acetabolo, ipertrofia e retrazione muscolo-tendinea degli attivatori dell’anca.
SINTOMI E SEGNI: la naturale evoluzione della patologia e l'aumento della massa muscolare portano a negativizzazione delle manovre di Ortolani e Barlow, riduzione dell'abduzione e flessione delle anche, lassità capsulo-legamentosa (positività ai segni di Trelat – “della squadra”, di Savariaud – mantenendo le ginocchia estese si ha accorciamento dell’arto nel passaggio da posizione supina a seduta, meglio evidenziabile in monolateralità).
- LUSSAZIONE FRANCA:
CARATTERISTICHE: risalita intra-capsulare della testa femorale oltre l’acetabolo a livello dell’ala iliaca, con formazione di una doccia di migrazione (dal cotile all’ala iliaca) e la formazione di un neocotile, deformazione cefalica, aderenze fra testa femorale e cappuccio cefalico, mancata ossificazione periostale dell’ala iliaca, obliterazione della cavità acetabolare da parte di tessuto fibro-adiposo, accorciamento dei muscoli pelvi-femorali (in particolare adduttori e ileopsoas).
SINTOMI E SEGNI: ritardo nella deambulazione (norm. 12° mese), contrattura dei muscoli adduttori, aumento
dell’extrarotazione dell’anca e dell’accorciamento dell’arto affetto (positivià al segno di Galeazzi), deformità profilo dell’anca per prominenza trocanterica, possibilità di palpare la testa del femore in sede atipica, scoliosi nelle forme monolaterali e lordosi lombare con valgismo del ginocchio in quelle bilaterali, coxartrosi precoce, zoppia nella deambulazione (segno di Trendelemburg).
- LUSSAZIONE INVETERATA, presente dopo il 4°-5° anno, in cui le caratteristiche descritte nella lussazione risultano più
accentuate.
Diagnosi
Alla nascita e nei primi mesi la diagnosi si basa sull’esecuzione dell’esame ecografico durante la manovra di Ortolani (ecografia dinamica dell’anca).
Verso il 4° mese si ha la comparsa di alcuni segni radiografici, la Triade di Putti:
elevata inclinazione del tetto acetabolare che supera i 30°, ipoplasia del nucleo della testa femorale, allontanamento e risalita del nucleo cefalico dall’acetabolo (interruzione ogiva di Shenton).
Nella lussazione su base displasica il quadro radiografico si caratterizza per spianamento del cotile, perdita dei rapporti articolari e dislocazione testa femorale in sede iliaca, evidenza di neocotile e doccia di migrazione, deformazione cefalica, antiversione e valgismo del collo femorale
[DD CON LUSSAZIONE ACQUISITA, su base traumatica, osteoporotica, paralitica, infettiva, in cui i normali rapporti anatomici risultano conservati].
Il trattamento, se tempestivo (fino ai primi 6-9 mesi), consente un recupero ottimale, se tardivo (4-5 anni) la prognosi diventa sfavorevole
In prelussazione è sufficiente applicare un cuscino o un tutore divaricatore che consenta la costante abduzione e flessione delle anche*, con monitoraggio prima ecografico e poi radiografico.
In sublussazione e lussazione il trattamento varia in rapporto alla gravità:
- INCRUENTO: come primo intervento è necessario ricostituire i normali rapporti anatomici, abbassando la testa femorale
mediante trazione a cerotto per i primi giorni e monitoraggio radiografico. Successivamente si attua la riduzione incruenta in narcosi della testa femorale all'interno dell'acetabolo, infine si applica un apparecchio gessato che mantenga l'anca flessa a 100° e abdotta di circa 65° per circa dodici settimane* (a 6 settimane si rimuove la parte tibiale del gesso al fine di consentire sollecitazioni meccaniche fisiologiche).
Complessivamente l’immobilizzazione in gesso non deve superare i 3 mesi, sarà successivamente sostituito da un tutore in plastica per altri 2-3 mesi che sarà rimosso gradualmente.
- CRUENTO: se si sono verificati ostacoli alla riduzione incruenta (aderenze, interposizioni) è necessario procedere al trattamento chirurgico prima dell'applicazione del gesso. Nelle lussazioni inveterate la riduzione cruenta va integrata con la creazione di un sistema di contenimento della testa del femore, ottenibile con osteotomia del bacino a livello dell’ala iliaca.
ESITI E COMPLICANZE:
- Complicanze della riduzione: necrosi asettica della testa femorale, rigidità articolari dovute ad apertura della capsula (riduzione cruenta).
- Valgismo e anversione del collo femorale (correzione spontanea o per osteotomia di centramento).
- Predisposizione a coxartrosi precoce.
3. PIEDE TORTO CONGENITO (PTC) (x6):
Malformazione del piede presente alla nascita, dovuta ad un’alterazione dei rapporti reciproci fra le ossa che lo compongono, cui si associano alterazioni capsulari, legamentose e muscolo-tendinee.
E’ caratterizzata da atteggiamento errato e persistente che impedisce un normale appoggio a terra, l’etiologia è sconosciuta e le ipotesi più accreditate riguardano un difetto durante l'embriogenesi od una posizione non corretta nella vita intrauterina dovuta a fattori ambientali (compressione intrauterina).
È la seconda malformazione più frequente nel neonato, può essere mono o bilaterale, ed associata a displasia dell’anca o ad altre affezioni congenite dello scheletro.
Le più frequenti varietà di PTC sono:
- PIEDE EQUINO CAVO VARO ADDOTTO SUPINATO: È la deformazione più frequente (70%), prevalente nei maschi, solitamente bilaterale, di diversa gravità (da primo a terzo grado, in cui il piede forma un angolo acuto inferiore a 70° con la gamba).
CARATTERISTICHE:
- l’ appoggio al suolo avviene sulla faccia esterna del piede;
- il piede presenta una torsione sul suo asse longitudinale (supinazione);
- il piede è concavo nel suo margine interno (adduzione-cavismo);
- si ha flessione plantare dell’astragalo, del calcagno e dell’articolazione tibio-tarsica (equinismo);
- presenta deviazione dell’angolo del retropiede (varismo);
- alla nascita il bambino presenta ipotrofia muscolare della loggia postero-mediale della gamba;
- vi è anomalia di forma e posizione degli abbozzi cartilaginei di calcagno, astragalo, scafoide e cuboide;
- è presente sublussazione mediale e plantare di scafoide, cuboide e calcagno;
- nei mesi successivi alla nascita, se non trattato, si aggiunge gradualmente la retrazione muscolo-legamentosa della regione postero mediale del piede e modificazioni strutturali dei singoli componenti scheletrici.
La terapia dev'essere precoce, nelle prime settimane di vita si effettua con manipolazioni seguite dall'uso di apparecchio
gessato (femoropodalico a ginocchio flesso a 90°). Dopo il terzo mese si procede con un intervento chirurgico per
l'allungamento del tendine di Achille, associato in base alla necessità a capsulotomia e allungamento di altri tendini muscolari.
Se effettuato in età avanzata, può rendersi necessaria l'osteotomia.
TENDINE D’ACHILLE:
o tendine calcaneale, origina dal muscolo tricipite della sura (formato dai muscoli gastrocnemio e soleo) e si inserisce sull'osso calcaneale, è il più grande e forte tendine del corpo – lungo 15 cm, può ricevere un carico di 4 volte il peso del corpo mentre si cammina, e 7-8 volte il peso del corpo in corsa): inizia verso la metà della gamba, gradualmente si assottiglia verso il basso, la sua parte più stretta è a circa 4 cm dalla sua inserzione sulla faccia posteriore del calcagno, una borsa si interpone tra tendine e parte superiore di questa superficie. È coperto dalla fascia e dal tegumento, ed è separato da muscoli profondi e vasi da tessuto adiposo. Lungo il suo fianco laterale, superficialmente, c'è la piccola vena safena
- PIEDE TALO VALGO (x2): Alterazione posturale del piede facilmente corregibile, condizione opposta alla precedente: astragalo e calcagno sono flessi dorsalmente, mentre l'avanpiede è pronato e il retropiede è valgo [il piede talvolta tocca la faccia anteriore della gamba].
Può essere mono o bilaterale, non è rara l’associazione a displasia dell’anca o piede equino cavo varo addotto supinato controlaterale. Il piede talo valgo tende alla correzione spontanea, in alcuni casi si può ricorrere a docce gessate che mantengono la flessione plantare.
4. GINOCCHIO VALGO (x4):
Deviazione del ginocchio verso la linea mediana del corpo, che compare (o persiste) dopo il 6°-7° anno di vita.
L’angolo esterno formato dall’asse femorale con l’asse tibiale risulta minore di 170° normali; l’entità del valgismo si può determinare anche misurando la distanza fra i due malleoli interni, che a ginocchia unite in un soggetto di 6-7 anni non dovrebbe essere più di 2 cm. Si associa spesso a piede piatto valgo, che si ipotizza esserne la causa.
Le forme cliniche sono:
- RACHITICA: rara, sospettabile quando la deformità si accompagna ad alterazioni cliniche e radiografiche proprie
dell’ipovitaminosi A e D (tumefazione polsi, metafisi con limiti irregolari e slargate a coppa, fronte olimpica).
- MECCANICA: le maggiori sollecitazioni statiche sulla metà esterna della cartilagine di accrescimento determinano
un’accentuazione dell’osteogenesi nella metà interna.
Il trattamento è solitamente spontaneo, ma può consistere nella correzione dell’apporto vitaminico e nutritivo se presenti segni di rachitismo, nell’applicazione di plantari correttivi se la distanza intermalleolare al 5° anno è superiore ai 4cm, e nella prescrizione di attività sportiva.
L’intervento chirurgico di epifisiodesi trova indicazione in casi di valgismo grave (distanza intermalleolare di 7-8 cm) o persistente oltre i dieci anni [va attuato prima della fine dell’accrescimento (chiusura della cartilagine di coniugazione della metafisi distale del femore 13-15 anni) e consiste nell’applicazione “a ponte” di cambre metalliche a livello della parte mediale della cartilagine al fine di bloccarne la crescita].
L’osteotomia correttiva trova indicazione in caso di valgismo grave persistente oltre il termine dell’accrescimento staturale.
5. PIEDE PIATTO VALGO (x9):
Alterazione posturale del piede in cui risulta aumentata la superficie d’appoggio per appiattimento della volta longitudinale interna, con deviazione del calcagno in valgismo.
volta longitudinale interna: formata da calcagno, astragalo, scafoide, i tre cuneiformi, e i primi tre metatarsi; la curvatura della volta plantare è sostenuta dalla fascia plantare e dai legamenti plantari, con il supporto dinamico dei tendini del tibiale posteriore e del peroneo lungo, che per la loro funzione vengono detti appunto MUSCOLI CAVIZZANTI DEL PIEDE
Il collasso della volta plantare e la conseguente alterazione dei rapporti articolari fra le ossa del tarso possono essere dovuti a situazioni congenite (piede piatto embrionario o fetale) e acquisite (post traumatico, neurogeno, tubercolare, da sovraccarico, da squilibri endocrini, da sviluppo scheletrico nell’adolescenza).
La forma più comune è il piede piatto valgo idiopatico, associato a un certo grado di familiarità, a iperlassità legamentosa e a una riduzione di tono dei muscoli cavizzanti; è più frequente nei bambini e negli adolescenti in sovrappeso ed è due volte più frequente nel sesso maschile. Concorre alla genesi della deformità una cattiva distribuzione del carico, che può verificarsi per ginocchio valgo, od un piattismo infantile.
Le caratteristiche principali sono:
- Deviazione mediale e plantare dell’astragalo rispetto al calcagno
- Abbassamento della volta longitudinale e valgismo del calcagno
- Alterazione strutturale delle ossa del tarso
- Artrosi precoce
Inizialmente risulta paucisintomatico, (riduzione volta longitudinale sotto carico, sporgenza scafoide, assenza di dolore, conservazione mobilità del piede), successivamente diventa più evidente (accentuazione anomalie morfologiche, presenza di dolore, rigidità del piede con impossibilità di flessione e supinazione).
La diagnosi si effettua su base clinica e strumentale (radiogramma del piede eseguito sotto carico e in proiezione laterale). Normalmente la correzione è spontanea, nei soggetti obesi si può applicare il plantare associato a chinesiterapia. Nei casi più gravi può essere indicato il trattamento chirurgico mediante inserimento di una vite metallica per correggere la deviazione mediale e plantare dell’astragalo rispetto al calcagno.
[DIFFERENZA FRA PLANTARE CORRETTIVO E PLANTARE SINTOMATICO:]
i plantari correttivi si utilizzano nei pazienti in fase di accrescimento (bambino e adolescente), in cui l’apparato muscolo-scheletrico è in grado di rispondere agli stimoli dati dal plantare per prevenire o correggere difetti posturali, riportando il piede ed eventualmente la colonna vertebrale nel giusto assetto.
I plantari antalgici hanno lo scopo di ridurre il dolore localizzato al piede, e trovano utilizzo in presenza di deformità (alluce valgo, dita a martello) o in presenza di ipercheratosi dolenti (callosità). Questo tipo di dispositivi personalizzati consente una migliore distribuzione del carico su una superficie maggiore del piede ed aumenta il comfort. Sono inoltre destinati a pazienti particolari, quali diabetici, soggetti con insufficienza venosa cronica, artrite reumatoide, problematiche artrosiche.
I plantari biomeccanici aiutano a ristabilire la corretta funzionalità del piede ottimizzando la dinamica del passo, questi dispositivi normalizzano i tempi di contatto tra
piede e suolo rispettando la corretta prono-supinazione, trasferendo il peso del corpo in modo idoneo, e modificando gli assi di movimento durante il passo
E’ necessario valutare il movimento delle articolazioni e la tipologia di appoggio e di deambulazione grazie ad apparecchiature computerizzate quali la baropodometria elettronica
Sottoargomento
6. OSTEOCONDROSI (x3):
Alterazioni di tipo necrotico-degenerativo, probabilmente dovute ad un minore apporto ematico (stenosi,
trombosi, fibrosi peri e intravasale), che colpiscono nuclei e cartilagini epifisari durante il periodo di maggior attività osteogenica: l’accrescimento.
- O. VERTEBRALE GIOVANILE (M. di Scheuermann) (x2):
Caratterizzata da presenza di tessuto cartilagineo abnorme dei piatti epifisari di più corpi vertebrali, che provoca progressivo incurvamento del dorso per accentuazione della cifosi fisiologica (dorso curvo giovanile) ed iperlordosi lombare di compenso. Frequente nelle vertebre dorsali, si manifesta tra gli 11 e i 14 anni, evoluzione rapida, generalmente indolore.
Radiograficamente si osserva irregolarità e frastagliamento delle limitanti vertebrali con deformazione a cuneo anteriore;
se la cartilagine abnorme si trova centralmente, si osserva formazione di ernie intraspongiose di Schmorl.
Il trattamento consiste in applicazione di tutori ortopedici antigravitari, l’applicazione va alternata a cicli di esercizi lordosizzanti. Nei casi più gravi è indicato il ricorso a corsetti gessati. Quando la deformità è resistente a trattamento incruento, la terapia è chirurgica (artrodesi per via anteriore e posteriore).
- O. DELL’EPIFISI PROSSIMALE DEL FEMORE (M. di Perthes)
Frequente nei soggetti di sesso maschile fra i 4 e i 12 anni, interessa il nucleo e la cartilagine epifisari prossimali del femore, talvolta bilaterale, a decorso molto lento.
La patologia presenta varie fasi:
inizialmente si ha degenerazione della cartilagine epifisaria, sinovite linfo-plasmacellulare, necrosi e frammentazione dell’osso spongioso subcondrale;
successivamente, nei casi non trattati, si può verificare schiacciamento del nucleo epifisario, ritardo nell’ossificazione epifisaria, presenza di processi riparativi con isole di ossificazione intorno alle trabecole necrotiche, accorciamento e ingrossamento del collo femorale, spianamento “a fungo” della testa del femore (coxa plana, coxa magna) e incongruenza articolare. A livello sintomatologico si ha dolore all’anca con irradiazione al ginocchio, claudicazione “di fuga”, extrarotazione dell’arto con limitazione all’abduzione e all’intrarotazione, e ipotrofia del quadricipite femorale.
Radiograficamente possiamo osservare:
- inizialmente un allargamento della rima articolare per aumento dello spessore della cartilagine epifisaria (per edema e aumento del liquido sinoviale).
- successivamente un addensamento del nucleo epifisario per necrosi e sovrapposizione trabecolare (aspetto metallizzato).
- frammentazione del nucleo con alternanza di radiotrasparenza e opacità (aspetto tigrato), su cui si basa la classificazione di Herring di valore prognostico:
gruppo A = spessore del terzo laterale del nucleo epifisario uguale a quello del lato sano,
gruppo B = riduzione non inferiore al 50%,
gruppo C = riduzione è inferiore al 50%.
[NB: l’indice prognostico più rilevante risulta essere l’età del paziente al momento della diagnosi, a prescindere dalla classificazione radiografica].
- il collo femorale appare più corto e spesso, e la testa del femore risulta appiattita.
Il trattamento è incruento, si avvale di trazione, uso di tutori e fisio-chinesi terapia, in caso di dolore è contemplato riposo dal carico e osteotomia con fissatori esterni, in studio l’utilizzo di bifosfonati.
O. DELL’APOFISI TIBIALE ANTERIORE (S. di Osgood Schlatter) (x3):
Processo degenerativo a carico della tuberosità tibiale.
Caratterizzata da tumefazione locale, dolore alla palpazione e alla contrazione del quadricipite. oro-malleolare.
Radiograficamente si ha ipertrofia, frammentazione ed accentuazione dell’opacità nel nucleo apofisario.
Normalmente la guarigione è spontanea (entro un anno, con riposo e antidolorifici nelle fasi dolorose), può essere effettuato trattamento incruento con applicazione per 20-25 giorni di una valva gessata posteriore femoro-malleolare.
7. EPIFISIOLISI ED EPIFISIOLISTESI (x3):
Lesione non infiammatoria della cartilagine di coniugazione interposta tra testa e collo femorale: si assiste ad un cedimento dell’epifisi rispetto alla metafisi (LISI), che può esitare nello scivolamento cefalico, posteriormente e in basso, con perdita dei rapporti fra testa e collo (LISTESI).
In età prepuberale le cause del varismo cervico- cefalico (“coxa vara degli adolescenti”) sono da ricondurre ad aumento ponderale o ad alterazioni endocrinologiche;
nell’adulto la listesi può essere dovuta ad esiti di frattura pertrocanterica mal consolidata
mentre nell’infanzia si riconduce a lesioni rachitiche o processi infiammatori [da ricordare che in questi due casi si parla di varismo cervico-diafisario].
L’evoluzione della patologia procede per tre fasi:
- E.LISI PURA: caratterizzata da alterazioni della cartilagine di accrescimento (aumento di spessore della cartilagine con riduzione delle cellule a riposo ed aumento degli strati proliferativo, maturativo e ipertrofico), che determinano una ridotta resistenza meccanica e predisposizione allo scivolamento epifisario.
Radiograficamente notiamo incurvamento in basso e posteriormente del collo, allargamento della linea di coniugazione cervico-epifisaria, zona metafisaria irregolare con aree di radiotrasparenza e opacità (“a pelle di leopardo”).
- PRE E.LISTESI: lieve slittamento, evidenziato radiograficamente da un “gradino” nel punto di passaggio fra metafisi ed epifisi.
- E.LISTESI: conclamata manifestazione di scivolamento (clinica e radiografica – immagine “a virgola” dell’epifisi). I sintomi dell’epifisiolisi consistono in dolore inguinale irradiato al ginocchio attenuato dal riposo, zoppia “di fuga”, atteggiamento di extrarotazione dell’arto, limitazione all’intrarotazione e all’abduzione.
In caso di epifisiolistesi si ha dolore improvviso, impotenza funzionale, quadro clinico analogo al distacco epifisario. Il trattamento deve essere tempestivo per evitare varismo cervico-cefalico e artrosi precoce dell’anca: è essenzialmente chirurgico (epifisiodesi) in quanto un tentativo di riduzione incruenta può causare necrosi dell’epifisi femorale o condrolisi.
I mezzi di sintesi vanno rimossi quando radiograficamente è scomparsa la cartilagine di accrescimento.
8. SPONDILOLISI E SPONDILOLISTESI (x4) – SPORTIVI A CUI VIENE DI PIU’? SOLLEVATORI DI PESI, BOWLING – SALTI, TUFFI
Malformazione vertebrale che consiste nell'interruzione dell'istmo (parte posteriore dell'arco delle vertebre lombari) compresa tra le apofisi articolari superiori e inferiori (LISI), che può esitare nello scivolamento in avanti della parte anteriore della vertebra (LISTESI).
Nella maggior parte dei casi si presenta nella parte più bassa della vertebra lombare (L5), ma si può presentare anche in altre vertebre.
- S.LISI: sono affezioni generalmente della prima adolescenza, l’etiopatogenesi è multifattoriale (predisposizione genetica, meiopragia costituzionale dell’istmo, microtraumi, stress della regione lombo-sacrale), più frequenti nei caucasici.
La sintomatologia è tardiva, si presenta nell’adulto come lombalgia spesso secondaria a sollecitazioni della regione lombo-sacrale (attività sportiva), con dolenzia alla pressione e limitazione articolare.
Radiograficamente, in proiezione obliqua, l’interruzione dell’istmo si manifesta come immagine di decapitazione (“decapitazione del cagnolino”).
Il trattamento della s.lisi asintomatica si effettua mediante ginnastica posturale, nelle forme sintomatiche riposo e analgesici. Se la sintomatologia persiste 10-12 mesi
può essere indicato busto ortopedico o trattamento cruento (osteosintesi dell’istmo). Necessario evitare attività sportive che favoriscono la listesi.
- S.LISTESI: lo scivolamento anteriore vertebrale può essere un evento acuto o graduale, e presuppone, oltre alla lisi istmica, altre condizioni predisponenti quali accrescimento del rachide, morfologia vertebrale alterata, fattori di origine posturale del tratto lombo-sacrale.
Si differenziano in base al grado di displasia (bassa o alta), in base al grado di ptosi vertebrale, in base alla presenza di cifosi lombo-sacrale, alla morfologia trapezoidale di L5 S1, alla displasia degli elementi posteriori, e alla displasia della limitante posteriore di S1.
La sintomatologia è caratterizzata da lombalgia (o lombosciatalgia se vi è interessamento della radice spinale corrispondente) che insorge in modo acuto, sensazione di “scalino” alla palpazione delle apofisi spinose, infossamento mediano in sede lombare accompagnato da iperlordosi, andatura anserina e ginocchia flesse (nelle forme ptosiche).
Radiograficamente, in proiezione laterale, si osserva il grado di slittamento (olistesi), riduzione dello spazio intersomatico, deformazione trapezoidale del corpo vertebrale, mobilità della vertebra patologica nei movimenti di flesso estensione del rachide; in proiezione obliqua cfr. s.lisi;
RM e TC documentano la condizione dei dischi e il grado di stenosi del canale spinale e dei forami di coniugazione. Nellle olistesi sintomatiche inferiori al 25% il trattamento consiste nel busto ortopedico, in quelle superiori al 25% si aggiunge artrodesi posteriore, in quelle superiori al 50% si effettua riduzione, artrodesi lombosacrale anteriore e posteriore.
9. SCOLIOSI (x8):
Deviazione permanente laterale e rotatoria del rachide, etiopatogenesi multifattoriale, aggravata dall’attività delle
cartilagini di accrescimento dei corpi vertebrali.
È importante porre in DD la scoliosi (dismorfismo del rachide) e gli atteggiamenti scoliotici (paramorfismi visibili solo quando la colonna è sotto carico).
Classificazione
Genesi
- IDIOPATICA:
80%, prevalenza femminile, frequente nella razza caucasica, etio multifattoriale con alterazione primaria a livello della muscolatura paravertebrale, del tessuto connettivo, da squilibri ormonali.
- CONGENITA:
conseguente a malformazioni (emispondili, dismorfie della cerniera lombo-sacrale, sinostosi costali).
- ACQUISITA:
riferibile a lesioni della cartilagine di accrescimento, dell’apparato neuro-muscolare, lesioni ossee-sistemiche, rachitismo);
le scoliosi “de novo” sono deformità secondarie a fenomeni degenerativi dei dischi lombari che creano curve associate a cifosi o ipolordosi;
le scoliosi statiche sono dovute a obliquità del bacino secondaria a dismetria degli arti inferiori.
età di prima osservazione
(infantili,
giovanili,
dell’adolescenza
sede (lombari, dorsali, cervicali, combinate),
entità della deviazione angolare (20°<, 20°-40°, 40°>):
Esistono delle caratteristiche elementari della scoliosi:
- CURVATURA PRIMITIVA (PRINCIPALE):
causata direttamente dall’agente etio della scoliosi, può interessare tutti i distretti del rachide, presenta gran parte delle alterazioni strutturali ed è facile da distinguere dalle secondarie.
nelle scoliosi combinate dorsali e lombari si hanno due curvature principali disposte ad S italica
- CURVATURE SECONDARIE (DI COMPENSO):
si sviluppano al di sopra e al di sotto della curvatura primaria al fine di compensarne l’alterazione.
Ogni curvatura presenta una vertebra apicale, posta all’apice della curva: presenta gran parte delle alterazioni strutturali per via delle maggiori sollecitazioni, e due vertebre estreme, poste ai limiti della curva sono vertebre di transizione per la curva successiva].
- ALTERAZIONE DEL PROFILO SAGITTALE: ipo o ipercifosi della curva toracica sul piano sagittale.
- ROTAZIONE del tratto vertebrale interessato dalla curvatura intorno all’asse longitudinale del rachide, con torsione delle singole vertebre su se stesse.
- DEFORMAZIONE DEI CORPI VERTEBRALI di entità decrescente dalla vertebra apicale alle estreme.
- DEFORMAZIONE DEL TORACE: il gibbo costale posteriore si sviluppa dal lato della convessità della curvatura dorsale, mentre il gibbo costale anteriore si sviluppa dal lato della concavità.
- MODIFICAZIONE ORGANI ENDOCAVITARI: ipertrofia cuore destro, stasi nel piccolo circolo... (si instaurano nei casi gravi).
La patologia risulta asintomatica o paucisintomatica ed ha un’evoluzione subdola, al fine di evitare ritardi nella diagnosi è opportuno ricercare in tutti gli adolescenti i sintomi prodromici:
- Incurvamento laterale della linea risultate dall’unione dei processi spinosi.
- Slivellamento delle linee congiungenti spalle e creste iliache; delle scapole; delle mammelle.
- Dismorfia mammaria e alterato sviluppo caratteri sessuali secondari (es. distribuzione peli), probabilmente per difetti nello sviluppo/accrescimento;
- Eventuale strapiombo del tronco rispetto al bacino.
- Eventuale presenza di gibbo costale (si invita il pz a flettere anteriormente il busto).
L’esame radiografico deve essere esteso a tutta la colonna, va effettuato a paziente in ortostatismo – sotto carico e in clinostatismo – fuori carico, al fine di obiettivare se la deviazione frontale scompare senza carico (DD atteggiamenti scoliotici);
per accertare la corregibilità della curva l’esame si effettua anche in massima inclinazione laterale (bending) destra e sinistra.
Dal radiogramma si possono rilevare alterazioni di forma dei corpi vertebrali (aspetto trapezoidale), entità della rotazione dei corpi vertebrali, sede e grado delle curvature, grado della cifosi del rachide dorsale (metodo di Cobb), grado di attività residua delle cartilagini epifisarie vertebrali (test di Risser – basato sull’analisi dei nuclei di accrescimento delle creste iliache, documenta grossolanamente l’età ossea).
Angolo di Cobb
Nel metodo di Cobb, si tracciano due linee su una RX antero-posteriore della colonna vertebrale, una che si estende dalla sommità della vertebra superiore più inclinata e l'altra dal fondo della vertebra inferiore più inclinata. L'angolo formato da queste linee è l'angolo di Cobb.
Durante l’esame obiettivo, lo specialista potrà comprendere precocemente se si tratta di un semplice paramorfismo o se si trova in presenza di patologie strutturate più complesse.
Curvatura laterale supera i 10° Cobb, distinguendo:
scoliosi lieve (10-20° Cobb);
scoliosi moderata (20-40° Cobb);
scoliosi grave (oltre i 40° Cobb).
L’angolo di Cobb è comunque una misurazione che può risultare errata in alcuni casi, in quanto eseguita su una radiografia, per cui bidimensionale.
Per questo motivo non è in grado di individuare, ad esempio, il grado di rotazione sull’asse di una vertebra o l’asimmetria della curvatura: una scoliosi ad S si mostra in maniera molto diversa rispetto ad una C, più evidente in quanto meno compensata.
Per cui una scoliosi a S con le curvature a 45° Cobb sarà particolarmente differente da quella a C con stesso grado, in cui sarà evidente il gibbo con il test di Adams.
Normalmente se trattata precocemente ha una prognosi positiva, salvo la presenza di alcuni fattori prognostici negativi (familiarità, crisi puberale per via del rapido incremento staturale, scoliosi dorsale, ampia deviazione angolare);
la chiusura delle cartilagini epifisarie arresta la progressiva evoluzione della patologia, generalmente avviene tra i 15 e i 17 anni, salvo variazioni indicate dal test di Risser.
TRATTAMENTO:
- ATTEGGIAMENTI SCOLIOTICI: ginnastica posturale (rinforzo muscoli paravertebrali ed esercizi respiratori).
- SCOLIOSI STATICHE: correzione mediante apposizione di rialzo alla calzatura e ginnastica posturale.
In caso di consistente ipometria dell’arto (4-5 cm) si valuta l’allungamento chirurgico.
- SCOLIOSI CON ANGOLAZIONE <20°: ginnastica posturale.
- SCOLIOSI CON ANGOLAZIONE TRA 20° E 40°: applicazione di corsetti ortopedici alternati o meno a corsetti gessati (devono essere portati dal paziente giornalmente secondo un programma orario personalizzato e protratto fino a maturità scheletrica, associando sempre esercizi muscolari e respiratori al fine di favorire il trofismo dei muscoli paravertebrali e lo sviluppo delle capacità respiratorie compromesse dalla scoliosi).
TIPI DI BUSTO: i corsetti si classificano in inamovibili (Risser, Coirei) e amovibili (Sforzesco, Milwaukee, Boston, Lapadula,
Lionese, Riviera, Cheneau).
Nelle scoliosi più a rischio nei pazienti in età prepuberale (7-8
anni) si tende ad applicare a tempo determinato il Milwaukee, caratterizzato da una presa pelvica in plastica collegata ad una struttura di aste metalliche verticali, un collare che stimola il paziente a movimenti di autoestensione del rachide, e “pelotte” di compressione che hanno azione modellante sui gibbi.
- SCOLIOSI CON ANGOLAZIONE >40°: terapia chirurgica (manovre di derotazione delle singole vertebre e fissazione segmentaria della curvatura).
- S. COMPARTIMENTALE - S. DI VOLKMANN (x3):
E’ la complicanza a più alto rischio di perdita dell'arto, compare in seguito a condizioni che provocano grave aumento pressorio all’interno di un compartimento muscolare (gruppo di muscoli degli arti
inferiori o superiori, accolti insieme a vasi e nervi all’interno di una fascia scarsamente estensibile). Il verificarsi di emorragie o edemi in un compartimento produce un innalzamento anomalo della pressione interna, che comprime i vasi pregiudicando il normale flusso sanguigno; la situazione è pericolosamente aggravata dalla prematura applicazione di fasciature semplici o gessate. La diminuita perfusione provoca sofferenza tissutale con ischemizzazione dell’arto, che dopo poche ore può andare incontro a necrosi se non si agisce tempestivamente, rendendo necessaria l’amputazione. Fra i sintomi si riscontrano parestesia, intorpidimento fino alla paralisi, e un forte dolore (insensibile ad analgesici e mobilizzazione del gruppo muscolare) con
eventuale perdita di funzione motoria. Le zone più soggette a sindrome compartimentale sono mani, piedi, cosce e braccia. La presenza di polsi distali non esclude una sindrome compartimentale; si può diagnosticare con certezza usando un dispositivo che misura la pressione intramuscolare per via percutanea [in genere la valutazione della pressione compartimentale prevede l'esecuzione di due misurazion, una durante il movimento dell’arto e una a riposo]
La sindrome di Volkmann è una sindrome ischemica – compartimentale di appannaggio pressochè esclusivo delle fratture sovracondiloidee omerali, caratterizzata da:
- FASE PRODROMICA:
si instaura nelle ore immediatamente successive al trauma o alla prematura applicazione di fasciature e gessi, caratterizzata da forte dolore all’avambraccio con irradiazione ad ascella e mano, edema della mano e cianosi delle dita, diminuzione progressiva della mobilità delle dita; in rapporto alla tempestività del trattamento questi sintomi possono regredire definitivamente;
- FASE DI STATO: si instaura entro qualche settimana se non è seguito alcun trattamento, caratterizzata da deformità della mano “ad artiglio” (polso flesso a 90°, pollice addotto, falangi distali flesse, falangi prossimali iperestese), ipotrofia dei muscoli della regione anteriore dell’avambraccio (duri alla palpazione), parestesie ed anestesie dei territori di distribuzione dei nervi radiale e mediano [DD con paralisi periferiche attivatori della mano: l’estensione del polso provoca aumento della flessione e rigidità delle falangi e viceversa].
Bisogna agire immediatamente eseguendo una fasciotomia [nel caso della s. di volkmann si distacca l’inserzione prossimale dei flessori trasferendola distalmente]; la chiusura dell'incisione non deve avvenire prima di 48-72 ore, tempo minimo necessario ai tessuti del compartimento per tornare alla normalità e prevenire la ricomparsa della sintomatologia.
- QUALI OSSA VANNO INCONTRO A NECROSI ASETTICA? (x3): COLLO DEL FEMORE, ASTRAGALO, SCAFOIDE CARPALE, COLLO DELL’OMERO
- COMPLICANZE FRATTURE ARTICOLARI CHE NON SI TROVANO IN ALTRE FRATTURE (x2): ASSOCIAZIONE FRATTURA - LUSSAZIONE (eventuale irriducibilità o recidiva della lussazione), RIGIDITA’ ARTICOLARE, ARTROSI
- SINDROME DI SUDEK: Osteoporosi acuta post traumatica localizzata elettivamente alla mano o al piede, colpisce
prevalentemente soggetti anziani; è caratterizzata da dolore intenso, esacerbato dal movimento e dal carico, edema, cianosi, e rigidità delle dita. Sembra essere attribuita a turbe vascolo-nervose distrettuali su base neuro-simpatica. Il trattamento deve essere precoce e protratto e consiste di fisiochinesiterapia (magnetoterapia, campi pulsanti), terapia farmacologica con bifosfonati, e stimolazione al movimento e al carico delle strutture scheletriche. E’ una complicanza tardiva delle fratture del polso e della caviglia.
17. DISTACCHI EPIFISARI (x6):
Affezione della cartilagine di coniugazione, frequente in bambini ed adolescenti, consiste nella separazione traumatica di un nucleo d’accrescimento epifisario dalla sede d’impianto; talvolta il distacco si verifica con dislocazione del nucleo, altre volte i rapporti del nucleo rispetto alla sua sede di impianto non risultano alterati discacchi con o senza postamento). Si distinguono distacchi puri, in cui la soluzione di continuo coincide con la cartilagine di coniugazione, e distacchi misti, in cui la soluzione di continuo interessa anche un’estremità metafisaria od epifisaria.
NB: la cartilagine di coniugazione è formata da quattro strati:
ZONA 1 – ACCRESCIMENTO – cellule germinali;
ZONA 2 – MATURAZIONE – cellule a colonna;
ZONA 3 – TRASFORMAZIONE – cellule ipertrofiche;
ZONA 4 – RIMODELLAMENTO – fronte di ossificazione.
Le zone 3 e 4 sono quelle più frequentemente interessate da d.e., le fratture che coinvolgono la zona 1 sono quelle a prognosi peggiore in quanto compromettono il normale accrescimento]
Secondo i criteri radiografici di Salter e Harris possiamo avere distacchi di vario tipo:
SALTR":
Salter I: S = "Straight" (la linea di frattura si estende lungo la cartilagine di accrescimento)
3 e 4
Salter II: A = Above (la linea di frattura si estende dalla cartilagine si accrescimento verso la metafisi ossea)
3 e 4
Salter III: L = "Lower" (la linea di frattura si estende verso l'epifisi ossea)
3 2 1
Salter IV: T = "Through" (attraverso la linea di frattura coinvolge la metafisi, la cartilagine di accrescimento, e l'epifisi)
Salter V: R = "Rammed" (la cartilagine di accrescimento è schiacciata)
- I: d.e. puro, senza coinvolgimento del periostio – attraversa zona 3 ;
- II: d.e. misto, il tipo più frequente, con possibile coinvolgimento periostale, interessa la cartilagine di coniugazione ed un’estremità metafisaria – attraversa zone 3 e 4;
- III: d.e. misto, frattura articolare che interessa la cartilagine di coniugazione ed un’estremità epifisaria – interessa zone 3, 2 e 1;
- IV: d.e. misto, frattura longitudinale che interessa cartilagine di coniugazione, un’estremità metafisaria, ed una epifisaria – interessa tutte le zone;
- V: raro, consiste in un danno da compressione della cartilagine di accrescimento;
- VI: raro, dato dalla separazione traumatica di una zona periferica della fisi;
Nei distacchi senza spostamento i sintomi sono dolore alla pressione, edema, e impotenza funzionale; in quelli con spostamento si aggiunge deformità
Trattamento sempre d’urgenza (non oltre le prime 24h)
per via della rapidità di consolidamento: consiste nella riduzione incruenta in narcosi seguita dalla contenzione in tutela gessata, che, se vi è spostamento del nucleo, dovrà essere continuamente monitorata radiograficamente per via della recidiva di scivolamento del nucleo per de-tumefazione dell’arto. In particolari sedi (epitroclea, epicondilo, capitello radiale, epifisi distale del radio) può essere necessario il trattamento chirurgico (riduzione e stabilizzazione del nucleo in sede mediante filo di Kirschner) seguito da tutela gessata per 30 giorni.
EDEMA DELLA SPONGIOSA OSSEA
ALTERAZIONE OSTEO-METABOLICA che si può verificare con eziologia multifattoriale nel contesto dell'osso spugnoso o nel midollo osseo, con dolore e impotenza funzionale di lunga durata, RESISTENTE alle terapie con i comuni FANS
Cause
Post-traumatico
causato da accumulo di versamento
emoglobina provoca alterazione metabolismo osseo
Dismetabolismi/disendocrinie
donne in menopausa
osteoporosi
trattamenti cronici con corticosteroidi
Artrosi
microtraumatismi ripetuti in pz con artrosi
Fumo, malnutrizioni
Clinica
dolore esacerbato da carico e alla palpazione
Impotenza funzionale e rigidità articolare antalgica
Complicanza
Sindrome Algodistrofica (S di Sudek)
Criteri di Budapest
1. Dolore continuo sproporzionato all'evento scatenante
2. Pz deve riferire almeno uno dei sintomi che seguono
-Alterazioni sensoriali: iperestesia e/o allodinia (quest’ultima è la percezione dolorosa per stimoli normalmente non dolorosi);
Trattamento forme algodistrofiche
O2-terapia iperbarica
Intervento chirurgico di core decompression
farmaci analgesici oppioidi
supporto psicologico
Diagnosi
RM
gold standard
in sequenze Tir e T2
Trattamento
Astensione dal carico fino a miglioramento sintomi
Bifosfonati
NERIDRONATO 25mg per via i.m. 1fl/g per 8 giorni
Magnetoterapia con CEMP (campi elettromagnertici