по Giulia Zacchetti 15 лет назад
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Lo stile asiano, proprio della retorica, si estende anche alla prosa e alla poesia, condizionando non solo lo stile, ma anche il contenuto. Infatti, riguardo al primo aspetto, si può notare come la prosa e la poesia ricerchino la magniloquenza, l'enfasi e l'abbondanza di figure retoriche. Per quanto concerne il contenuto, invece, c'è la tendenza ad accentuare il pathos (per esempio le tragedie di Seneca potrebbero essere definite pulp).
Manierismo: continua riproposizione di un modello, fino alla sua estenuazione, con ingegnose, ma infinite variazioni sul tema.
L'aemulatio, ovvero la ripresa di un modello ma apportando caratterizzazioni proprie, spesso sconfina nel manierismo.
Classicismo: tendenza a imitare quei modelli ritenuti perfetti ed esemplari.
Dopo Virgilio, Orazio, Ovidio, Cicerone, Sallustio, Livio, i letterati furono portati a confrontarsi non più o non solo con i modelli greci, ma anche con questi autori, i "classici" latini. L'aemulatio (= ripresa di un modello, ma con caratterizzazioni proprie, come già aveva fatto Orazio) spesso sconfina nel manierismo.
Augusto scrisse le Res Gestae, Tiberio delle orazioni (di cui non ci resta molto), Nerone il poemetto mitologico Troica, di cui probabilmente era parte la famigerata Troiae Halosis (=la distruzione di Troia) che, secondo Svetonio e Tacito, Nerone cantava mentre osservava Roma bruciare.
Proseguono alcuni caratteri propri dell'età augustea.
Il controllo sull'attività letteraria diventa sempre più predominio del princeps. La vita intellettuale è condizionata dal princeps. Questo fenomeno in età augustea aveva un mediatore nella figura di Mecenate: scomparsa questa figura il condizionamento diventa più forte, già negli ultimi anni del principato di Augusto, come nel caso di Ovidio.
A Roma esistevano due tipi di esilio: exilium (con confisca dei beni) e relegatio (senza confisca). Ovidio subisce la relegatio e viene mandatoa Tomi sul Mar Nero. Nella raccolta Tristia (cose tristi) attribuisce la sua relegatio a "carmen et error". Carmen: la sua opera non è piaciuta ad Augusto; error: relazione con Giulia.
Con Tiberio viene processato Cremuzio Cordo, uno storiografo di matrice repubblicana molto intransigente (si suicidò).
Non da meno fu Caligola, che fece bruciare vivo un poeta drammatico per un verso che conteneva una battuta a doppio senso.
In Claudio non troviamo esempi del genere.
Per quanto riguarda Nerone la questione è più complessa. Sotto di lui abbiamo una straordinaria fioritura letteraria. Egli aveva un'idea di impero orientale, ellenistico e per questo c'è questa grande manifestazione culturale. Tuttavia non mancano i contrasti e i dissensi (vedi Seneca). Non ebbe dei programmi letterari specifici, tuttavia favorì molto gli intelletuali: la letteratura era concepita come un piacere intellettuale sofisticato. Fu un'epoca di grande sperimentazione letteraria, come dimostrano il Satyricon di Petronio e l'Apokolokynthosis (= zucchificazione, trasformazione in zucca) di Seneca.
Alla morte di Caligola i pretoriani acclamano imperatore Claudio, zio di Caligola. Aveva 51 anni ed era di indole schiva. Il suo governo fu accorto dal punto di vista economico; organizzò una burocrazia piuttosto capillare per gestire meglio lo stato: diede un grande rilievo ai liberti. Concesse la cittadinanza romana a molti. Il suo unico punto debole sono le mogli: Messalina e Agrippina.
Il suo soprannome deriva dalle calzature militari. La sua politica si distacca subito da quella equlibrata di Tiberio: chiede il culto divino per sè e i familiari. Clima di terrore (condanne a morte e confische) che porterà alla sua stessa uccisione.
Discendeva dalla dinastia Claudia ed era stato adottato da Augusto (gens Giulia): inaugura così la gens giulio-claudia.
Diventa imperatore abbastanza anziano, a 56 anni, e aveva già dimostrato il suo valore militare. Il giudizio moderno sul suo impero è stato formulato di recente. In lui si riscontrano rispetto per la tradizione repubblicana e buona amministrazione delle finanze dello stato. Difetti di Tiberio: scelta sbagliata del prefetto del pretorio, Seiano, e il fatto che veda nemici ovunque.
Nel 27 si ritira a Capri per sottrarsi agli intrighi di corte, lasciando Seiano a spadroneggiare a Roma.
Il giudizio negativo di Tacito ha influenzato per molto tempo le valutazioni su Tiberio. Secondo lo storico, Tiberio era un simulatore, molto ambizioso e che fingeva soltanto di rispettare il senato.
Il problema della successione trasforma il potere di Augusto in potere dinastico. L'idea di un principato dinastico era ben accettata in Oriente, ma osteggiata a Roma, dove il senato voleva mantenere la propria libertà di scegliere il princeps. Augusto sceglie il successore all'interno della propria famiglia. A causa della morte precoce dei suoi eredi, sceglie come successore Tiberio, per quanto non lo stimasse molto. Gli attribuisce i due sommi poteri, alla base del potere imperiale: la tribunicia potestas (potere civile) e l' imperium porocunsulare maius et infinitum (potere militare). Il fatto che, pur non avendo nessuna simpatia nei confronti del figliastro lo adotti, ci fa capire come nella mente di Augusto ci sia assolutamente la scelta dinastica.
Tacito negli Annales trova la trasformazione del principato in tirannide proprio nel momento della successione ad Augusto.
Per età giulio-claudia si intende il periodo che va dalla morte di Augusto (14 d.C.) alla morte di Nerone (68 d.C.).