LA CRTICA DELLA RAGION PRATICA (1788)
Kant si pone due domande:
Che cosa devo fare?
Che cosa mi è lecito sperare?
afferma che un'azione
è moralmente valida
quando soddisfa
il criterio dell'universalizzazione
ossia che ogni
uomo come essere
razionale ipotizza
il proprio comportamento
adottato da chiunque.
le massime sono la prescrizione di carattere soggettivo.
invece gli imperativi sono prescrizioni di carattere oggettivo.
imperativi categorici
imperativi ipotetici
quando è compiuta nella interiore
adesione alla legge morale
che è basata sulla piena
responsabilità dell'uomo
che agisce nella pura ottemperanza
in modo indipendente
dalle conseguenze dell'azione
e dalla ricerca della felicità.
sostiene che il senso ultimo
della ragion pratica è il sommo bene
ossia l'insieme delle virtù
e della felicità
che sono dimensioni divergenti
nel corso della vita
i virtuosi non sono anche felici
e i felici non sono anche virtuosi
la felicità dell'uomo morale
non è proporzionata
alle sue virtù
e quindi Kant arriva
ad affermare che:
POSTULARE L'ESISTENZA DI DIO.
Dio in quanto essere onnisciente,
buono e onnipotente potrà garantire
ai buoni una felicità proporzianata
alle virtù.
POSTULARE L'IMMORTALITà
DELL'ANIMA.
prolungare il proprio perfezionamento
morale alla fine di raggiungere il Sommo Bene.
POATULARE LA LIBERTà
DELL'ANIMA.
l'obbedienza alla legge morale
si basa sulla libertà umana di potere
autodeterminarsi (devi quindi puoi).
parte dalla costatazione che in
ogni uomo esiste una legge morale
che presenta la
forma del dovere
che attraverso l'imperativo
categorico impone di
agire secondo la legge del
"tu devi"
ovvero di agire non
per fini estranei rispetto
alla legge morale.
che è un fatto
della ragione ed è
a priori
ha carattere universale
e incondizionato
e scaturisce dalla razionalità
e autonomia dell'uomo.