von Rosa Panzarino Vor 9 Stunden
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La Peste nera presentava diverse manifestazioni cliniche, con la forma bubbonica come la più comune. Linfonodi infiammati, i bubboni, erano spesso il primo segno della malattia. Comparivano all'inguine, sotto le ascelle o sul collo, rappresentando la manifestazione più evidente della malattia. I sintomi per chi ne era affetto includevano febbre alta, brividi, spasmi e delirio. La forma setticemica e quella polmonare, quest'ultima altamente contagiosa, rappresentavano varianti della malattia con sintomi e complicanze distintive. La peste polmonare attaccava l'apparato respiratorio, causando una tosse ricca di bacilli pestiferi e consentendo il contagio da persona a persona attraverso l'aria. Nel caso della peste setticemica, spesso conseguenza della forma bubbonica, l'infezione si diffondeva nel sangue, manifestandosi con macchie scure sulla pelle, da cui l'appellativo "morte nera" attribuito all'epidemia. La peste polmonare e quella setticemica risultavano essere le più letali. Nel 1365, Guy de Chauliac, medico personale di tre papi e del re di Francia, distingueva in modo puramente empirico, senza ovviamente indagarne le cause, la peste polmonare dalla peste bubbonica. La diagnosi della Peste nera era basata principalmente sull'osservazione dei sintomi caratteristici. I medici dell'epoca svilupparono classificazioni basate sulla gravità della malattia, cercando di distinguere tra forme lievi, moderate e gravi. a pratica medica medievale si basava su tradizioni ereditate dall'antichità, e le terapie per la Peste nera riflettevano queste influenze. L'uso di erbe medicinali, pozioni e amuleti era comune, ma l'efficacia di tali rimedi era spesso limitata. La mancanza di una comprensione accurata delle cause della malattia ha reso difficile per i medici fornire cure efficaci. In generale, i medici medievali si basavano su antiche autorità come Ippocrate e Galeno, che aderivano alla teoria patologica umorale. Secondo questa teoria, le malattie erano causate da uno squilibrio dei quattro umori del corpo. La prevalenza della bile nera, fredda e secca, era associata alla peste. Si riteneva che la putrefazione, provocata dalla predominanza di umori specifici, si diffondesse nell'organismo attraverso l'aria o il cibo. Il clima afoso e umido e i venti del sud erano considerati pericolosi. Le esalazioni, soprattutto dal respiro di coloro già malati, erano temute come altamente infettive. I medici cercavano di trattare la peste attraverso flebotomia, clisteri, fumo purificatore, disinfettanti come aceto e lavaggi di viso e mani. I medici consigliavano misure preventive come l'isolamento dei malati, l'evitare cibi specifici, l'uso di sostanze aromatiche e la fuga dalle zone colpite. Consigliavano anche comportamenti come il ridere, scherzare e festeggiare, sottolineando l'importanza della gioia per mantenere l'equilibrio. I manuali medici dell'epoca, come i consilia e i regimina, fornivano istruzioni per affrontare l'epidemia. Si concentravano sulla prevenzione, piuttosto che sulla cura. Nel "Consilium" di Gentile da Foligno (morto nel 1348) si consigliava di accendere fuochi nelle abitazioni. Ogni cibo doveva essere imbevuto nel vino. Come sostanze odorose dovevano essere impiegate la canfora nel caso di pasti caldi e la salaginella nel caso di pasti freddi. I cibi acidi erano considerati l'alimento ottimale. La teoria del "soffio pestifero" di Gentile da Foligno affermava che i venti corrotti trasportavano sostanze nocive nell'aria. A partire da Gentile, la triaca, così come il salasso e l'isolamento dei malati rappresentarono le basi della terapia contro la peste.
pozioni e amuleti
RESTO DELLEUROPA
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