realizată de Mariarosaria Mennitti 3 ani în urmă
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Raffaello nacque ad Urbino nel 1483.
Era il figlio del pittore e letterato Giovanni Santi, che è stato il suo primo maestro. Dal padre Giovanni, colto umanista e artista attivo presso le corti dei Montefeltro a Urbino e Gonzaga a Mantova, venne introdotto alla pittura, apprendendone i primi rudimenti e lo accompagnò ancora bambino insieme agli altri allievi.
Nonostante la formazione di Raffaello sia difficilmente ricostruibile, dalla fonti (soprattutto Vasari), dopo la morte del padre (1494), si deduce il suo apprendistato presso Perugino, probabilmente tra l'ultimo decennio del '400 e gli inizi del '500, e, negli stessi anni, la collaborazione con il Pinturicchio.
Tra il 1505 e il 1508 Raffaello è documentato a Firenze, ma si spostò anche a Perugia e a Urbino, dove ritornò spesso, mantenendo i contatti con i Montefeltro.
Raffaello insieme a Leonardo e Michelangelo è al vertice della stagione artistica rinascimentale. Pur attivo anche come architetto, Raffaello rappresenta il pittore rinascimentale per eccellenza: quello che più d’ogni altro ha portato la pittura ai suoi livelli massimi di bellezza e armonia.
Artista di solare personalità, visse la sua vita d’artista con grande impegno e continuità rivelando sempre una felicità di intuizione e una facilità di esecuzione che ha davvero dell’incredibile, tanto da meritargli già in vita l’appellativo di divino.
Morto Giulio II nel 1513, con il nuovo pontefice Leone X, l’importanza di Raffaello crebbe a dismisura. Nel 1514, alla morte di Bramante, fu nominato architetto della Basilica di San Pietro. L’anno successivo fu nominato commissario alle antichità di Roma: una specie di soprintendenza all’enorme patrimonio storico-artistico della città eterna. Da questo momento i suoi interessi artistici si spostano sempre più verso l’architettura, anche se non abbandonò mai la sua attività di pittore, interrotta solo dalla sua prematura scomparsa
avvenuta il 6 aprile del 1520 all’età di trentasette anni.
La Cappella Chigi è la seconda cappella della navata sinistra nella basilica di Santa Maria del Popolo a Roma. Venne disegnata da Raffaello Sanzio che fornì cartoni e schizzi di tutte le decorazioni al banchiere senese Agostino Chigi che aveva commissionato l'opera. È costituita da uno spazio cubico chiuso da una cupola decorata a cassettoni dorati e mosaici con Dio Padre circondato dalle allegorie del Sole e gli altri pianeti. Gli affreschi tra le finestre con Storie della genesi e i pennacchi con le Stagioni sono di Salviati (1550), mentre sull’altare è la bellissima Nascita della Vergine di Sebastiano del Piombo e dello stesso Salviati. Completano la pregevole decorazione le sculture di Lorenzetto (Giona ed Elia), le tombe piramidali dei Chigi e le sculture del secolo seguente di Bernini, che mise mano anche all’architettura della cappella per il futuro Papa Alessandro VII.
La Madonna della seggiola è un’opera dipinta da Raffaello nel 1514. È stata commissionata dal papa Leone X Medici realizzata a Roma.
L’opera è ad olio su tavola circolare di diametro 71 cm. Si trova a palazzo Pitti a Firenze nella galleria palatina.
Viene ritratta la vergine Maria con Gesù bambino e San Giovanni bambino. La sedia su cui poggia la madonna è una sedia camerale riservata agli alti dignitari della corte papale. La vergine che Raffaello rappresenta non ha le caratteristiche compositive legate alle precedenti iconografie: non si assiste ad una madonna sacrale austera o in posa ma viene totalmente umanizzata.
Umanità, santità e Grazia si racchiudono sapientemente in un’unica figura. Si dice che Raffaello sia stato ispirato mentre transitava per Velletri dove vide una contadina del luogo che cullava il proprio figlio in grembo.
La Madonna del cardellino è un dipinto a olio su tavola realizzato a Firenze da Raffaello Sanzio intorno al 1507. Nei primi anni del’500 Firenze vive un momento di grande fermento culturale. I nobili fiorentini fanno a gara per commissionare opere ai pittori e agli scultori più bravi del momento. Leonardo e Michelangelo dominano la scena artistica. È l’ambiente ideale per un giovane in cerca di affermazione come Raffaello che nel 1504 si trasferisce da Urbino a Firenze. In questi anni Raffaello conosce il ricco mercante fiorentino Lorenzo Nasi. In occasione delle sue nozze realizza la Madonna del Cardellino, una delle tante variazioni sul tema della Vergine che il pittore affronterà spesso nel corso della sua vita. Il quadro raffigura la Madonna seduta su una roccia con un libro in mano, la testa inclinata, lo sguardo rivolto verso il basso. Davanti a lei, il piccolo San Giovanni Battista porge un cardellino a Gesù. La composizione è organizzata secondo uno schema piramidale che si ispira ai quadri di Leonardo. La Madonna è al vertice di un triangolo immaginario. Lo stesso uso del chiaroscuro sui volti reca un’evidente impronta leonardesca.
Nella monumentalità delle figure che si staccano dallo sfondo e nella collocazione di Gesù tra le ginocchia della Madre è invece riconoscibile l’influenza di Michelangelo. L’originalità e la grandezza dell’opera stanno nell’atmosfera intima e soave della scena, espressione di un’idea di bellezza intesa come equilibrio, armonia, naturalezza dei gesti e serena spiritualità. Per copiare le tre figure umane dal cartone preparatorio alla tavola di legno su cui verranno dipinte, Raffaello usa la tecnica dello spolvero: il disegno viene prima forato lungo le linee, poi posto sulla tavola e infine coperto con un colore in polvere per lasciare la traccia sul legno. Il paesaggio collinare sullo sfondo e il ponticello sono invece dipinti a mano libera. La scena è densa di significati religiosi: l’atto del Battista di porgere il cardellino è il presagio della Passione di Cristo. Si ritiene infatti che, durante la crocifissione, un uccellino si sia posato su Gesù macchiandosi il piumaggio di sangue. Il libricino aperto in mano alla Vergine rappresenta la Rivelazione, cioè la prefigurazione del destino di Cristo. Nel 1547 la casa di Lorenzo Nasi, dove l’opera è custodita, crolla. Il figlio di Nasi, Giovanbattista, riesce a recuperare il dipinto sotto le macerie. La tavola è spezzata in 17 frammenti ma, fortunatamente, si può ricomporre. Dal 1999 al febbraio 2008 l’opera viene sottoposta a un lungo restauro. La Madonna del cardellino si trova a Firenze alla Galleria degli Uffizi.
Nel 1508 si trasferì a Roma dove, grazie a Donato Bramante, urbinate come lui, entrò nel giro degli artisti protetti da papa Giulio II. Fu il pontefice ad affidargli una delle più grandi occasioni per dimostrare la sua grande qualità: gli affreschi delle Stanze Vaticane. Si trattava di decorare, con un programma iconografico molto complesso ed articolato, quattro ambienti di nuova costruzione all’interno dei Palazzi Vaticani: Stanza della Segnatura, Stanza di Eliodoro, Stanza dell’Incendio di Borgo, Stanza di Costantino.
L’ultima stanza viene affrescata sotto il pontificato di Leone X. I due lavori principali sono L’Incontro di Attila e Leone Magno e L’incendio di Borgo. Nel caso del secondo affresco si descrive un evento leggendario secondo il quale Leone IV avrebbe benedetto il quartiere di Roma Borgo durante un terribile incendio, fermando le fiamme. Il riferimento, però, è volto alla contemporaneità, infatti l’affresco si riferisce alla volontà di Leone X di sedare le lotte intestine alla cristianità. La scena ha un impianto e una struttura fortemente teatrale, alcune delle figure qui riprodotte, (come ad esempio l’ancella a destra o l’uomo che tenta di arrampicarsi a sinistra) saranno studiate da generazioni e generazioni di artisti, tanto da diventare quasi iconiche. Rispetto all’armonia e all’ordine della Stanza della Segnatura, qui siamo di fronte ad un maggiore dinamismo, maggiore drammaticità e a una resa dello spazio molto più articolata e complessa.
La stanza successiva è detta Stanza di Eliodoro ed era una camera destinata alle udienze. L’affresco principale, che dà il nome all’intera stanza, è la Cacciata di Eliodoro dal tempio, un episodio veterotestamentario che vede Eliodoro, empio e ingiusto, punito dalla volontà di Dio. Ci si riferisce, quindi, alla riaffermazione del potere della Chiesa: infatti lo stesso Giulio II viene ritratto nel dipinto, sopra un baldacchino.
La prima stanza da decorare, infatti, è quella detta della Segnatura, ovvero la biblioteca privata del papa che dal 1541, però, diventa sede del Tribunale Ecclesiastico. Gli artisti si mettono al lavoro ma quando Giulio II posa gli occhi sulle prime di Raffaello decide di affidare solo a lui la realizzazione dell’opera. Il giovane Raffaello e la sua bottega, quindi, lavorano agli affreschi tra il 1509 e il 1511. In questa stanza possiamo trovare due affreschi estremamente famosi: la
Disputa del Sacramento e La Scuola di Atene.
Nel 1504 era a Firenze dove ebbe modo di entrare in contatto per la prima volta con i due maggiori artisti fiorentini viventi: Leonardo e Michelangelo. Furono anni di intensa attività ma anche di grande studio, che permisero al giovane pittore di assimilare la grande lezione della pittura fiorentina del Quattrocento. Ad influenzarlo in questa fase fu soprattutto Leonardo (la cui arte si esplicava soprattutto nella pittura) di cui porterà un costante ricordo stilistico in tutta la sua produzione
successiva. Nella “Sacra Famiglia Canigiani” del 1507,ad esempio, Raffaello dà un’impostazione piramidale all’opera e dipinge uno straordinario paesaggio sullo sfondo, utilizzando la prospettiva atmosferica.
La Scuola di Atene parla del tema della ricerca razionale e offre una rappresentazione delle sette arti liberali con in primo piano, da sinistra la grammatica, l'aritmetica e la musica, a destra geometria e astronomia, e in cima alla scalinata retorica e dialettica.
Nell'affresco i più celebri filosofi e matematici dell'antichità sono ritratti mentre dialogano tra loro sullo sfondo di un immaginario edificio classico, rappresentato in perfetta prospettiva. Le cinquantotto figure presenti nell'affresco hanno sempre sollecitato gli studiosi alla loro identificazione. Quel che è certo è che per figurare vari personaggi Raffaello scelse il volto di artisti a lui contemporanei. Il grande affresco di Raffaello è una sorta di "manifesto" del Rinascimento che pone l'uomo al centro dell'universo. L'essere umano domina la realtà, grazie all'intelletto, in continuità dall'antichità classica al cristianesimo.
Lo Sposalizio della Vergine è un dipinto a olio su tavola realizzato dal pittore Raffaello Sanzio nel 1504. Raffaello si trova in Umbria, ha finito da tre anni l’apprendistato dal Perugino e sta per trasferirsi a Firenze, in questo periodo capitale dell’arte italiana.
A Perugia il mercato della pittura è monopolizzato dal Perugino, che oltre ad essere un artista è anche un abile imprenditore. Raffaello deve trovare una sua autonomia, commerciale e stilistica. Le sue prime opere sono destinate allora alla Chiesa della vicina Città di Castello. Una di queste è Lo Sposalizio della Vergine, commissionato dalla famiglia Albizzini. Il tema delle nozze di Giuseppe e Maria è ripreso da un’opera del Perugino. In primo piano, il sacerdote e i due sposi. Da un lato giovani donne eleganti, dall’altro pretendenti delusi.
Le differenze tra i due dipinti sono, però, enormi. Raffaello inverte la disposizione delle 2 schiere di uomini e di donne. La leggera inclinazione dei volti e la naturalezza dei gesti conferisce alla scena un armonico dinamismo che supera la staticità dei personaggi del maestro. Il tempio nel dipinto del Perugino è di forma ottagonale con un pronao su ognuno dei 4 lati principali. La cupola viene tagliata fuori dalla rappresentazione. Raffaello inserisce invece la cupola nel dipinto in modo da seguire la forma arcuata della tavola, aumenta il numero delle facciate del tempio e lo circonda con un colonnato per evidenziarne la circolarità. La prospettiva viene accentuata: le linee disegnate dai lastroni del pavimento fuggono verso gli spigoli della scalinata, convergendo tutte sulla porta del tempio. Sull’architrave Raffaello pone la sua firma. La chiave interpretativa del dipinto è il cerchio, simbolo della perfetta armonia che si compie nell’unione degli sposi. La circolarità si esprime in una composizione fatta di linee curve. Il tempio non è più soltanto lo sfondo del dipinto come nel Perugino ma acquista tridimensionalità e si pone come centro della piazza circolare dove si celebra il matrimonio. L’anello, ancora una volta figura circolare, è il fulcro della scena: qui si concentrano gli sguardi di tutti i personaggi che ne enfatizzano, così, la carica simbolica.
Il dipinto viene prelevato da Città di Castello nel 1798 e poi passa nelle mani della famiglia Lecchi. Tre anni dopo viene venduto al collezionista milanese Giacomo Sannazzaro, che la donerà all’Ospedale Maggiore di Milano. Nel 1806 il dipinto di Raffaello viene acquistato dalla Pinacoteca di Brera. Nel 1958 il quadro viene danneggiato da un folle che riesce a rompere la lastra di vetro che protegge la tavola. Lo Sposalizio della Vergine si trova a Milano nella Pinacoteca di Brera.