по Cristina De Luca 2 лет назад
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non c'è un animismo del logos, le differenze permangono all'interno di un movimento dinamico, non è tutto schiacciato dal logos
chi glielo fa fare alla natura di estraniarsi completamente da sé?
passiamo al pensiero oggettivo ovvero il pensiero pensante la realtà come concepiente
dio che pensa se stesso
motore immobile che è così perfetto che gli basta essere presente a se stesso
TELEOLOGISMO: cause finali per spiegare il reale anche nella realtà fisica più biologica
causalità propria degli organismi
chimismo: non c'è solo attrazione o opposizione tra materia, è una relazione più interna alla materia che non si limita soltanto all'aggiunta di materia
meccanismo: causa meccanica e rapporto che si instaura nella materia in movimento che viene sottoposta a rapporti di causa ed effetto
oggetto in quanto aggregato, collezione di parti separate fra loro, non come organismo
non è quello standard perché non espande la conoscenza, è solo analitico
quello fertile non usa il noto ma il conosciuto
ogni aspetto della realtà è un sillogismo
dal punto d vista dialettico come proposizione speculativa che mi fa capire che in s=p la sostanza che regge tutto è p non s perché finisce per inglobare il primo termine
ma c'è un'eccedenza: Socrate non sintetizza tutte le manifestazioni del concetto uomo e quindi potremmo pensarlo come una cosa che sta da sé
l'unico modo per vedere la sostanza è mentre si fa soggetto vivendo un movimento dialettico
quindi lo diciamo uomo in generale
uomo non è un oggetto reale in senso effettivo come corrispondenza tra oggetto e parola, ma come ente di ragione
non posso scindere la frutta dalle mele, pere, banane
ha a che fare con dei numeri a tutti gli effetti, la dialettica nella misura è algebra e calcolo infenitesimale e calcolo differenziale. il calcolo infinitesimale rende bene l'infinito vero
deduzione delle categorie come in kant per renderne il senso in modo deduttivo, scoprendole necessarie alla percezione.
dialettica intrinseca alle categorie
kant le aveva trovate nell'induzione, sistemando quelle aristoteliche
relazione quantitativa:
Sottoargomento
il modo qualitativo prevede che la categoria sia uguae a se stessa e non faccia riferimento ad altro
Siamo sempre stati nel divenire, è già stato prim di cominciare e questo era l'inizio di tutto il sistema, non poteva mettere in crisi tutto il sistema
Doveva far vedere che se io dico essere e nulla, queste sono schematizzazioni dell'intelletto, perché la vera natura della realtà è in divenire
In H. il nulla e la negazione non sono mai vuoti, non esiste il puro nulla vuoto
NON POSSO DIRE LUCE SE NON HO IL BUIO,, PER LUI LA NEGAZIONE è SEMPRE IL RISULTATO DI CIò CHE NEGA, NON VUOTA
IL NULLA SEMPRE IL RISULTATO DI QUALCOSA CHE è STTAO RIMOSSO, DUNQUE NON è POSSIBILE UN NULLA VUOTO
qUESTO NULLA è UN RISULTATO DI UN ESSERE PRIVO DI DETERMINAZIONI
NULLA COME SVUOTAMENTO DI UN ESSERE
Se avesse cominciato dal divenire sarebbe stata un'ipotesi non dimostrata
l'essere i nulla sono enti di ragioni, finzioni dell'intelletto, privi di concretezza
è IL DIVENIRE L'OSSATURA DELLA REALTà
Cominciare col divenire, significava porre il divenire (la scienza si inizia da sé)
Hegel vuole sempre andare a superare i concetti separati, ogni volta che c'è una separazione questa si ribalta: separare è una tattica dell'intelletto usata per approcciarsi alla conoscenza. Ogni volta che questi momenti di separazione vengono superati vi è il vero sapere speculativo ovvero quello della ragione che riesce a cogliere il logos nelle cose.
Passaggio dal noto (concetti che arrivano già sistemati) al conosciuto (sapere genuino).
Legge vuole scoprire la legge del divenire e linguisticamente non era facile perché definire qualcosa significa già un po' togliere una cosa al divenire, per questo i superamenti sono costanti.
Per Hegel il mondo culturale è ineliminabile, essenzialmente facente parte della coscienza umana, perché in essa c'è il logos.
In alcuni testi la legge del divenire è la dialettica, mentre nell'enciclopedia è solo un momento, il secondo. il primo è quello dell'intelletto, il secondo è quello dialettico che nega l'intelletto, il terzo è quello speculativo il sapere della ragione più genuino.
Parte con la logica, si introduce da solo: parte con l'idea che è nel suo momento più pure ed astratto.
Arte=intuizione, la domenica della vita, come produrre e guardare lieti l'effetto di una pietra gettata in uno stagno.
Il culmine dell'estetica è lo humor che è la dissoluzione di un mondo: tutte le grandi civiltà finiscono col ridere tipo la Grecia con Aristofane,
Religione=intellezione, ritorno a se stesso dell'uomo attraverso figure mitiche nel senso di misteriche, è per tutto, una spiritualità di massa, donazione di senso alla vita.
Filosofia=concetto, pensiero puro, il filosofo non è un profeta, nè un fotografo che dice di stare fermi.
Logos che è incarnato nelle entità materiali più macroscopiche che conosciamo, nelle
macrostrutture della cultura più presente e più evidenti della società.
Stato
Società civile
Famiglia
In termini kantiani, e riferendoci, come anche Hegel fa, all'imperativo categorico, agire moralmente significa agire secondo una massima che può essere universalizzata, che può essere valida per tutti. L'obiezione di Hegel è che in questo modo praticamente non si dice nulla, perché tutte le massime possono essere universalizzate, qualsiasi azione può essere fatta da tutti; è il contenuto dell'azione quello che invece dovrebbe contare. Ora, quello che bisogna sottolineare, a proposito del rapporto moralità-eticità, è, per un verso, l'insufficienza della moralità, la quale mi dice che devo universalizzare la massime, ma non mi dice quali devono essere le massime. Questo non me lo dice la moralità, ma me lo dice la storia, me lo dice la situazione. D'altra parte, come si diceva poco fa a proposito della città dalle buone leggi, è la ragione che mi dice se le leggi sono buone o non buone; c'è dunque, da parte di Hegel, una ripresa del motivo della moralità in quanto controllo dell'eticità. Ci possono essere delle situazioni, da Hegel prese in esame, in cui l'eticità, l'ethos, la situazione, il costume non rispondono alle esigenze della ragione. In questo stato di cose Hegel ammette addirittura, contro le sue ispirazioni più consuete, la possibilità di una sorta di rifugio nell'interiorità, per ritrovarvi quell'equilibrio che le cose non mi danno. Naturalmente è una situazione che per Hegel è provvisoria, ma che egli non esclude. Quindi se è vero che l'eticità è più concreta della moralità, è indubbio che la moralità da parte sua ha una sorta di controllo sulla legittimità dell'ethos
Bene e Male
Intenzione
Proponimento
Diritto
Si tratta del logos nella coscienza umana che da Cartesio in poi è un soggetto.
Psicologia
Spirito
Fenomenologia
Versione molto ridotta dell'altro testo, è la stessa disciplina, ma la concezione del sistema è diversa.
Antropologia
Anima
Qui l'idea non sa di essere spirito, lo è ma non sa di esserlo, è esterna a se stessa: non sa di essere incarnato, è sempre nell'esteriorità.
H. vuole affrontare la logica in modo innovativo, si oppone alla vecchia metafisica che vedeva la logica come l'arte del ragionamento ovvero come qualcosa di strumentale e accessorio (Aristotele e i filosofi medievali che esercitavano il pensiero nelle dispute) e alla logica di Kant che aveva impoverito la logica considerandola formale, un involucro che riempiamo di contenuto. Per Kant le categorie sono il termine medio tra la mia coscienza e il fenomeno, una forma da riempire con l'induzione sensibile. Per Hegel la logica non è solo uno strumento, ma è una scienza e quindi non ha presupposti e si fonda da sé, non è un involucro da riempire, ma è lo studio dell'essenza del reale: è lo studio che il logos fa di se stesso: il logos permea tutta la realtà, in forme autocoscienti e non, e nella sua forma più pura è presente nella logica, perché in esso non si è mescolata l'idea con altri elementi del reale.
Lui voleva fare un sistema della scienza e la Fenomenologia aveva il compito di introdurre al sistema.
Il titolo può essere letto in due modi: Fenomenologia dello Spirito ovvero lo spirito che si manifesta e lo Spirito che fa una fenomenologia. Si tratta di una scienza dell'esperienza della coscienza, quindi l'esperienza che la coscienza che ci permette di prepararci per affrontare la conoscenza effettiva. Era un testo propedeutico e preparatorio per arrivare al logos.
Il sistema è una manifestazione della Ragione logos, quindi non può esserci qualcuno che da fuori la espone: fare un'introduzione a questo significa farle qualcosa dall'esterno; quindi nella enciclopedia il sistema si introduce da sola.
Ci sono sempre 2 punti di vista: resoconto di ciò che avviene nel momento in cui avviene, quello dello Spirito assoluto che si guarda indietro e realizza il percorso che ha fatto la coscienza.
Spirito oggettivo e spirito assoluto nella Fenomenologia hanno un aspetto extrafenomenologico.
Finisce con il sapere assoluto ovvero slegato dalle catene del mondo, è un nuovo inizio.
La moralità è la condizione del soggetto che crede nella libertà del soggetto a livello teoretico e pratico.
Come faccio a conciliare i miei ideali col mondo? C'è contrapposizione tra l'ideale e la realtà effettiva.
Il dovere kantiano aveva immesso dentro la coscienza la scissione per risolvere il problema dell'eteronomia (legge data dall'esterno): dentro di me quindi c'è uno che esegue e uno che dà ordini.
Già desiderare una conciliazione ci dice che noi li riteniamo separati: la moralità moderna ha portato l'autonomia e l'indipendenza della coscienza, ma questa visione miope che vede come due blocchi separati la coscienza e il mondo si esaspera e diventa una coscienza misera di mondo.
Questa si dispera talmente tanto che ha bisogno di qualcuno che gli dia un senso.
Dal mondo romano, ma la moralità completa la scissione con la riforma luterana e Cartesio come sviluppo della soggettività.
Coscienza povera di mondo, estremizzazione della moralità.
Grecità: persone che vivevano in sintonia con la legge e la natura, è una connessione profonda in cui la coscienza non è vittima di separazione tra coscienza e agire nel mondo.
Hegel definisce la ragione come certezza di essere ogni realtà, ossia dell’acquisizione dell’unità di pensare e di essere. La ragione è certezza di essere ogni realtà grazie all’esperienza mistica: con essa, infatti, l’uomo si è assimilato a Dio e ha acquisito la certezza di essere ogni realtà, ovvero ha superato il dualismo soggetto/oggetto. Mistica e ragione sono pertanto due passi contigui: da notare che Hegel usa l’espressione certezza di essere ogni realtà e non sapere di essere ogni realtà, poiché se fosse un sapere sarebbe già il punto di arrivo. “Certezza”, invece, è il punto di partenza, è la dichiarazione generale che il soggetto ha acquisito consapevolezza di essere ogni realtà: dopo tale dichiarazione, spetta alla ragione cercare se stessa nella realtà, quasi come se si sapesse ciò che si è ma si dovesse cercare di capire il come e il perché. Si tratterà pertanto di una ricerca che la ragione conduce nella realtà in cerca di se stessa attraverso vai tentativi rappresentati da altrettante tappe. Queste tappe ripetono, ad un livello più alto, in forma di spirale ascendente, i tre momenti precedentemente esaminati.
Ragione legislativa
Ragione attiva
Ragione in se stessa
Se prima la coscienza aveva preso consapevolezza di sè nel rapporto con le cose, ora si trova a dover compiere un nuovo cammino di autoconsapevolezza nel rapporto con le altre coscienze. Nasce così la vita relazionale, che segna il passaggio dalla sfera privata a quella intersoggettiva e, quindi, sociale e pratica (nel senso kantiano di “morale”).
Stoicismo, scetticismo, coscienza infelice
Servitù-Signoria
Ricordiamo allora la genesi della lotta tra il signore e il servo. Qualcuno ha detto che questa lotta a morte è una lotta di puro prestigio. Veramente direi che il vero movente della lotta, hegelianamente, è più razionale: è cioè l'esigenza di una certezza che diventi verità. L'uomo si trova di fronte alle cose, ma si trova di fronte anche all'altro uomo. I due uomini lottano perché ciascuno di essi desidera che l'altro lo riconosca, gli sia sottoposto. Questa lotta è una lotta a morte, e a un certo punto uno dei due combattenti ha paura della morte e si sottomette e quindi riconosce il vincitore, riconosce l'altro. Abbiamo perciò da una parte il signore che si è emancipato dalle cose, si è emancipato dalla natura perché non ha avuto paura di morire, e dall'altra il servo, che invece è rimasto legato alla natura proprio perché ha temuto di morire. Abbiamo quindi una situazione ineguale: da una parte il signore, dall'altra parte il servo. A questo punto però Hegel sottolinea che il servo fa due esperienze essenziali che il signore non fa. La prima è l'esperienza della paura della morte: il servo trema - dice Hegel - "in tutte le sue fibre", cioè non ha una paura particolare, ma ha paura di morire, di non essere. Questa paura è liberatrice, nel senso che il servo sperimenta il suo poter non essere, e quindi sperimenta quella che per Hegel è una caratteristica dell'uomo, cioè la cosiddetta negatività: la possibilità di dire la propria negatività, e anche di imprimere la propria negatività e il proprio fare alle cose. L'altra esperienza che il servo fa e il signore no è quella del lavoro: il servo lavora per il signore e porta al signore i frutti del suo lavoro. Questa esperienza è anch'essa essenziale, perché il servo lavorando imprime se stesso all'oggetto: il suo lavoro traspone nell'oggetto la sua personalità. Così il lavoro - anche se servile, anzi, proprio perché servile -, ha una funzione liberatrice: l'uomo diventa uomo lavorando, formando l'oggetto e formando attraverso ciò se stesso.
Senza la disciplina del servizio e dell'obbedienza la paura resta al lato formale e non si riversa sulla consaputa effettualità dell'esistenza. Senza il formare la paura resta interiore e muta, e la coscienza non diviene coscienza per lei stessa" (p.163 I vol.). Il testo è molto importante perché fa vedere la stretta connessione che c'è tra le due esperienze: senza la disciplina del servizio, la paura della morte diventerebbe qualcosa di astratto. Se il servo sperimenta la possibilità di poter morire, sperimenta anche la propria possibilità di esser libero, e allora nel lavoro traspone nell'oggetto non una sua tecnica, cioè una sua capacità di lavorare l'oggetto, ma se stesso; egli oggettiva, cioè, quello che nella paura della morte era semplicemente soggettivo.
Se il servo lavorasse senza la paura della morte, avrebbe l'esperienza della sua abilità, della sua capacità di trasformare l'oggetto, ma non oggettiverebbe la propria libertà. Quindi entrambe queste esperienze sono essenziali come fattori di emancipazione del servo, dell'uomo.
Tuttavia questa emancipazione non è completa, perché il servo rimane servo. Egli infatti, pur facendo queste esperienze importanti ed essendo in questo senso "più vincitore" del signore perché più veramente uomo, non è tuttavia ancora libero; le filosofie dello stoicismo, dello scetticismo e del cristianesimo esprimono questa imperfetta coscienza. Ora però Hegel ritiene - e lo dice anche esplicitamente nell'Enciclopedia - che con lo Stato moderno, almeno in linea di principio, si superi la situazione di signoria-servitù, si raggiunga, cioè, una situazione di reciproco riconoscimento: ciascuno è nello stesso tempo signore e servo dell'altro.
Autocoscienza in sé stessa
Nella Fenomenologia, è la stessa coscienza che, ad ogni tappa, figura, momento, si modifica, si trasforma, si configura diversamente, cresce, nel rapporto con una realtà a sua volta via via più complessa e, attraverso una crescente appropriazione-comprensione-penetrazione dell’oggetto del sapere, essa si scopre gradualmente, si comprende come coscienza e arriva a sapersi come realtà: nel mutare del suo oggetto, il soggetto muta se stesso; comprendendo e appropriandosi dell’oggetto, la coscienza individuale comprende e si appropria di se stessa, abbandonando la propria costitutiva duplicità che è data dall’alterità/opposizione tra io e non-io. La conoscenza dell’oggetto dunque coincide con il conoscersi dello spirito. La conquista della coscienza, nella Fenomenologia, è, quindi, l’identità dialettica di soggetto e oggetto.
Intelletto
Percezione
Certezza sensibile