av Alberto Mattea 15 år siden
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Mer som dette
Finita l'opera di mediazione di Mecenate, gli imperatori si preoccupano che la letteratura non diventi fonte di dissenso, fino a giungere a vere opere di censura.
Suicidio
Esilio
Augusto, diventato imperatore grazie alla vittoria contro Antonio e alla finzione politica, quando nasce il problema della successione ritiene di dover scegliere l'erede tra i suoi familiari. Questa concezione, comiunemente in uso nell'Oriente, non era benvista dal Senato, che credeva di avere voce in capitolo. Ad ogni modo, Augusto sposa in seconde nozze Livia, madre di Tiberio e Druso, e dopo la morte precoce degli altri successori si decide a nominare Tiberio suo erede. Gli attribuisce così la tribunicia potestas e l'imperium proconsulare maius et infinitum, le basi del potere imperiale. Inizia così la tradizione dinastica degli imperatori romani, con la dinastia Giulio-Claudia.
Il principe è spesso un letterato: Tiberio scrive opere non pervenuteci (orazioni), Nerone un poema mitologico chiamato Troica, di cui è parte la Troiae halosis (presa di Troia) cantata da Nerone mentre Roma bruciava.
Nerone ha un'idea del potere di tipo orientale. Egli dà un forte impulso agli intellettuali, pur non avendo interessi specifici in ambito letterario; tuttavia non mancano i dissensi (Seneca costretto al suicidio).
Fra le opere più originali ritroviamo il satyricon di Petronio, frutto di uno sperimentalismo letterario estremo, e l'apokolokynthosis (zucchinificazione) di Seneca, opera satirica e grottesca.
Eletto dai pretoriani, è zio di Caligola. Ha un'indole schiva, non è un soldato, ma uno studioso. Gestisce molto bene il principato, organizzando una burocrazia capillare affidata spesso a liberti. Concede la cittadinanza romana a molti provinciali. Ha due mogli: Messalina e Agrippina (madre di Nerone), donne dissolute.
Eletto dal Senato, dopo che Tiberio gli demanda la scelta del successore. Si distacca subito dalla linea politica di Tiberio, pretendendo culto divino per sè e i suoi familiari. Mostra segni di follia.
Fa bruciare vivo un poeta per una battuta a doppio senso. Dà fondo alle finanze dello stato, crea un clima di terrore. Viene ucciso dai pretoriani.
Diventa imperatore nel 14 a 56 anni, dopo aver già dimostrato più volte il proprio valore come generale. Per secoli gli storici, basandosi sul giudizio di Tacito (che lo descrive come un simulatore crudele), l'hanno ritenuto un personaggio assolutamente negativo. In realtà, il suo principatto si distingue per il rispetto delle istituzioni repubblicane e per la buona amministrazione dello stato. Infelice la scelta del prefetto del pretorio, il malvagio Seiano, e continui i sospetti di congiure e nemici. Nel 27 si ritira a Capri per sottrarsi agli intrighi di corte, lasciando Seiano a spadroneggiare a Roma. Muore nel 37.