по Antonio Scarfone 10 дней назад
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Il lavoro autonomo è una forma di lavoro indipendente, non soggetto ad alcun datore di lavoro. A seconda dell'attività e della legislazione applicabile, può essere un imprenditore individuale oppure un libero professionista, come pure un artista. I suoi contraenti sono clienti o committenti.
Le caratteristiche dei lavoratori autonomi dipendono dalle norme e leggi vigenti in ciascuna nazione e, a volte, anche regione e/o Stato. Un'altra differenziazione deriva dal tipo di attività che il lavoratore svolge. Si dice anche che sono caratterizzati dall'avere il "rischio d'impresa" ovvero che, non godendo delle classiche forme di protezione (pubblica e/o privata) dei lavoratori dipendenti, il loro profitto dipende fortemente dal mercato, con scarsa o nulla possibilità di prevedere un reddito certo o altre garanzie contrattuali.
Per definizione, il collega di un lavoratore autonomo (ovvero un lavoratore che esercita la medesima professione) è pure un concorrente.
I lavoratori autonomi possono a loro volta avere dei collaboratori, anche lavoratori dipendenti, altra situazione che li distingue dai lavoratori subordinati.
Nel lavoro autonomo il concetto di stipendio non esiste: a seconda dei termini convenuti, si è pagati - in maniera variabile - o a risultato, quantità di lavoro, prestazione o ad altri parametri contrattuali.
I lavoratori autonomi godono di diritti peculiari e hanno doveri specifici, diversi da quelli dei lavoratori dipendenti; tipicamente, devono provvedere autonomamente alle classiche forme di tutela previdenziale, assicurativa, legale, ecc. Non hanno cedolino paga, ma emettono fattura (o altri documenti equipollenti), non sono vincolati obbligatoriamente né a un determinato calendario lavorativo o a orari e/o procedure né, tanto meno, a imposizioni gerarchiche. A parte ambiti regolamentati (es. gare, tariffe imposte, contrattazione di categoria, ecc.), il lavoratore autonomo può proporre la sua attività (opera/lavorazione/servizio) all'importo che giudica preferibile e la trattativa contrattuale con il contraente è di libero mercato (ivi comprese le condizioni di pagamento e altri requisiti).
Un esempio può aiutare a comprendere il processo di calcolo del TFR. Prendendo un reddito annuo di 20.940 (il reddito medio dei lavoratori dipendenti nel 2017 secondo dati del Ministero dell’Economia) si ottiene:
TFR= 20.940/13,5=1551,11 euro (versamenti a TFR per un dipendente medio nel 2017).
Nel 2017 l’inflazione Istat è stata dello 0,8% e nel 2018 dell’1,0%.
Per stabilire ad inizio 2019 l’ammontare del TFR del dipendente che ha cominciato a versare i contributi a gennaio 2017 su un reddito lordo di 20.940 euro, quindi, si deve procedere calcolando inizialmente il tasso di rivalutazione annuale. Tale importo si ottiene sommando alla quota fissa dell’1,5%, quella indicizzata all’inflazione (75% dell’inflazione di quell’anno). Ovvero:
Tasso di rivalutazione 2017
1,5 + (0,8*0,75) = 1,5 + 0,6 = 2,1%
Tasso di rivalutazione 2018
1,5 + (1,0*0,75) = 1,5 + 0,75 = 2,25%
Una volta calcolate, queste percentuali vengono applicate a ciascun anno di riferimento.
Per il 2017
1551,11 euro + (1551,11*0,021) = 1551,11 + 32,57 = 1583,68 (TFR a inizio 2018)
Per il 2018 si aggiungeranno altri 1551,11 euro al montante dell’anno precedente (1583,68) e si procederà alla rivalutazione.
1583,68 + 1551,11 = 3049,79
3049,79 + (3049,79*0,0225) = 3049,79 + 68,62 = 3118,41 (Montante del TFR a inizio 2019)
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