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Poichè le ONG hanno scopi umanitari, non hanno l'obbligo in merito all'acquisizione di prove atte a reprimere l'attività di trafficanti e scafisti, il loro intervento spesso preclude la raccolta di elementi utili alle indagini
Il 10 maggio, il procuratore di Trapani, ascoltato in una commissione di indagine in Senato (http://webtv.senato.it/webtv_comm?video_evento=3633http://webtv.senato.it/webtv_comm?video_evento=3633http://webtv.senato.it/webtv_comm?video_evento=3633) aveva escluso in maniera categorica che ci fossero stati contatti diretti tra i trafficanti di esseri umani in Libia e le organizzazioni umanitarie attive nel Mediterraneo centrale, così come aveva negato che il reato contestato fosse di associazione a delinquere di stampo mafioso. E inoltre aveva spiegato ai senatori italianil’importanza dell’articolo 54 del codice penale
italiano, che stabilisce l’impunità per chi ha commesso un reato “costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave”.
Il procuratore aveva detto: “Se una nave di una ong, un mercantile, una nave della marina militare, un peschereccio, una privata imbarcazione viene messa al corrente che c’è un’imbarcazione in cui alcune persone rischiano l’annegamento, questa imbarcazione deve essere soccorsa. E questo principio travolge tutto. Viene commesso il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma non è punibile, perché è stato commesso al fine di salvare una vita umana”.
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